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    La casa editrice di Andrea Berrini, scrittore e saggista. L’obiettivo: scoprire e tradurre narratori contemporanei asiatici che propongono scritture innovative.
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I nove continenti su L’Espresso

Il nuovo libro di Xiaolu Guo, I nove continenti, ha ricevuto una segnalazione sul settimanale L’Espresso nella rubrica di Sabina Minardi Freschi di stampa.

I nove continenti

I nove continenti, di Xiaolu Guo

In libreria dal 14 giugno

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In questo memoir tra la Cina e il Regno Unito, tra l’infanzia al villaggio e la vita adulta nella nuova Pechino trasfigurata dalle Olimpiadi, tra le opprimenti regole del caseggiato comunista e l’illusione di libertà della Londra anni Novanta, Xiolu Guo mette in scena se stessa. Sul filo di una scrittura degna della miglior fiction, pesca a piene mani dentro al repertorio delle antiche favole cinesi come della propaganda di regime, facendo della propria solitudine british un tema di indagine. Decisa a non celare nulla del proprio passato, nemmeno le esperienze più atroci, trasforma se stessa in protagonista di un romanzo di formazione, cercando le ragioni della propria vocazione artistica, trovando le coordinate della sua maturità di madre, film maker e scrittrice.

“Stavolta, ho pensato, non ho scuse da opporre. Nessuna. Potrei andare a chiudere definitivamente i conti in sospeso. Sono solo dodici ore di volo, posso farcela. Durante tutta la mia vita adulta ho evitato il più possibile di tornare nella mia casa d’infanzia. Shitang, il paesino di pescatori nel quale sono stata testimone della povertà e della depressione dei miei nonni, è un luogo che ho finito per detestare. Wenling, dove ho trascorso l’adolescenza, culla dei miei rapporti travagliati con le autorità, mi ripugnava. Quando nel 1993 me ne sono andata per studiare a Pechino, ho promesso a me stessa: è finita, in questo buco soffocante non ci torno più. Dieci anni dopo, quando ho lasciato la Cina per l’Inghilterra, mi sono detta: d’ora in poi, basta lavaggi del cervello ideologici. Non mi lascerò intralciare dalle mie putride radici contadine. Ora però è giunto il momento di affrontare il passato. Di provare a spiegare alla mia famiglia come ho vissuto in tutti questi anni. Dopo tutto, un giorno dovrò spiegarlo anche a mia figlia. Proprio come ha detto James Baldwin: Dillo. Va’ a dirlo alla montagna, dillo ai tuoi famigliari, alle anime vive e a quelle morte. Dovrò affrontarli, uno a uno. Non ho scampo. Così, cinque giorni prima della festa del Qingming, ho avvolto la mia bambina più al caldo che potevo e ho preso un volo per tornare dov’è iniziata la mia vita”.

Vincitore del National Book Critics Circle Award
Tra i finalisti del Costa Biography Award
Tra i finalisti del Jhalak Prize
Tra i finalisti del Rathbones Folio Prize 2018
Tra i libri dell’anno consigliati dal Sunday Times «Emozionante, intenso e ironico» Lara Feigel, Financial Times

Traduzione di Gaia Amaducci

Lancio a effetto sul blog di Lorenzo Mazzoni

Il libro di Omar Shahid Hamid, Lancio a effetto, recentemente pubblicato da Metropoli d’Asia e vincitore dell’Italy Reads Pakistan Prize, ha ricevuto una recensione sul blog di Lorenzo Mazzoni ospitato da Il Fatto Quotidiano. Nell’articolo si mette in rilievo il contesto socio-economico nel quale si svolge la storia.

Duro, spietato, politicamente scorretto, Lancio a effetto, del pakistano Omar Shahid Hamid (Metropoli d’Asia, traduzione di Giovanni Garbellini, vincitore dell’Italy Reads Pakistan Prize) è un romanzo bello e struggente, un vero e proprio pugno nello stomaco, un noir atipico che si muove al meglio nel depistare il lettore attraverso l’arma più efficace del genere: la menzogna.

(continua a leggere sul blog di Lorenzo Mazzoni)

Da L’impero delle luci, di Kim Young-ha

Chiusa in bagno, Chang Mari sentì la voglia improvvisa di ridurre in brandelli il suo gesso e di strapparsi a unghiate la carne del braccio fino a farlo sanguinare. Un attimo dopo però si convinse che quel tipo di comportamento non si confaceva a una donna adulta come lei, e quindi desistette dal suo intento. Si spruzzò sull’abito un po’ di deodorante e l’odore di mentolo si mischiò a quello di ammoniaca. Aprì la finestra. Il davanzale era cosparso di cenere caduta dalle sigarette consumate da alcune dipendenti: apparentemente erano in tre a fumare in quel bagno, tre impiegate di tre aziende diverse che si incontravano lì a spettegolare tra un tiro e l’altro, come vecchie comari.
Si lavò le mani con il sapone e tornò a sedersi alla scrivania. Il capo era scomparso dalla circolazione. Incapace di fare alcun pronostico su quella giornata, si limitò ad augurarsi di riuscire almeno a vendere un’auto al cliente che avrebbe dovuto incontrare di lì a poco. Diede uno sguardo al suo taccuino per verificare se le sfuggiva qualche altro impegno e, scorrendo gli appunti sul calendario, le tornò in mente che due giorni dopo sarebbe ricorso l’anniversario della morte del padre. Provò un leggero senso di colpa nell’accorgersi di essersi dimenticata di quella data a soli due anni dal funerale.

Da L’impero delle luci, di Kim Young-ha

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E adesso? su La Bella e il Cavaliere

Sul blog La Bella e il Cavaliere  si può leggere una recensione di E adesso?, di A Yi, pubblicato da Metropoli d’Asia.

Avvio, preludio, preparazione, azione, esecuzione. Sono questi i titoli dei primi capitoli che, condensati nella trama che vi ho proposto, costituiscono solo l’inquietante premessa. Fin dalla prima frase il senso del romanzo appare tendersi e nascondersi nelle pagine successive.
«Perché?» è la domanda che assilla il lettore, la polizia e gli esperti sulle tracce del protagonista, mentre la vicenda si addentra nelle maglie di un malessere sociale interiorizzato e di una mente sorprendentemente lucida.
È una penetrazione psicologica non priva di ostacoli: benché la voce narrante appartenga al protagonista, il suo racconto appare a lungo impenetrabile al lettore in cerca di spiegazione.

(continua su La Bella e il Cavaliere)

Segnalazioni per Lancio a effetto

Gli articoli che hanno parlato finora di Lancio a effetto, di Omar Shahid Hamid (in aggiornamento):

Antonio Talia – Facebook (agosto 2018)
Lorenzo Mazzoni – Il Fatto Quotidiano
(giugno 2018)
Internazionale
(aprile 2018)
il manifesto (marzo 2018)


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Da L’atelier, di Yeng Pway Ngon

Perché toccava a lei cucinare la domenica? Si era infuriata e avevano litigato. Alla fine, lui si era buttato la giacca sulle spalle ed era uscito in fretta, chissà dove era andato, e non era tornato fino all’alba. Sapeva che non gli andava per niente a genio che lei studiasse pittura, ma in realtà ciò che proprio non sopportava era che avesse contatti con altri uomini. Già non era contento che passasse una sera alla settimana a casa del maestro per la lezione, e il giorno prima, vedendola tornare a casa tardi, si era insospettito subito. Per fortuna lavorava, faceva la commessa nella cartoleria vicina, e tutto il materiale per la pittura lo comprava con i suoi soldi, così lui non poteva proibirle di continuare a studiare. Ora poi che andava a dipingere anche la domenica mattina lui era, se possibile, ancora più scontento, e aveva cercato una scusa per litigare.

Da L’atelier, di Yeng Pway Ngon

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Lancio a effetto su Internazionale

Il settimanale Internazionale ha proposto la recensione di Dawn su Lancio a effetto, di Omar Shahid Hamid, recentemente pubblicato da Metropoli d’Asia. Viene valutato con quattro stelle su cinque e definito un romanzo dal quale è difficile staccarsi.


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Da Lancio a effetto, di Omar Shahid Hamid

Di notte, il deserto può far paura. Il buio cala in un attimo sul paesaggio spoglio. La notte porta con sé un gelo che penetra fin nelle ossa. Ma la cosa più snervante è il silenzio. Il minimo rumore si amplifica a dismisura riecheggiando negli immensi spazi vuoti. Il latrato di uno sciacallo solitario risuona come una minaccia. La sparuta vegetazione proietta ombre sinistre mentre il vento, sibilando, solleva manciate di polvere che danzano eteree alla luce della luna. In un posto del genere, la mente inizia a giocare tiri mancini ai sensi. Ogni sagoma, ombra o rumore veicola una sensazione intrinseca di paura.
Ciò era vero in special modo per il gruppetto di poliziotti riuniti intorno al fuoco in un angolo particolarmente desolato del deserto di Nara. Avevano allestito il loro piccolo accampamento tra due costruzioni a un solo piano in mezzo al nulla. Per trovare la traccia di civiltà più vicina bisognava varcare il confine con l’India, a due chilometri di distanza. Anche le costruzioni erano fatiscenti, porte, finestre e infissi vari asportati da lungo tempo. Solo in una stanza, nel più grande dei due edifici, spiccava una nuova serie di lustre sbarre d’acciaio alla finestra. La strada che portava all’accampamento era poco più di un sentiero sterrato. All’ingresso c’era una vecchia insegna, che ormai penzolava dai cardini: identificava quel complesso come La Scuola di Zootecnica del Dipartimento forestale.

 Da Lancio a effetto, di Omar Shahid Hamid

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Da La somma delle nostre follie, di Shih-Li Kow

Non riuscivo a capire. La persona agitò le mani alzate verso di noi. Quando la figura che guadava fu più vicina, Ismet esclamò: «Ya Tuhan. Vedi anche tu quello che vedo io?».
Era Nain, la matta delle sanguisughe. Riconoscemmo i suoi capelli bianchi arruffati che si tagliava di tanto in tanto con un falcetto. Da lontano era solo una sagoma scura. Quando si avvicinò ci accorgemmo che sembrava nera perché era cosparsa di sanguisughe che si contorcevano. Mi chiesi se fosse nuda sotto quell’involucro di sanguisughe che le ricoprivano il volto, il corpo e le braccia. Le strisciavano sotto le ascelle e si appendevano ai capezzoli, ai lobi delle orecchie e alle palpebre. Chiudeva e riapriva con forza gli occhi per tenerle lontane, ma una si era già attaccata al margine del bulbo oculare. Teneva le braccia alzate, piene di creature, per farle stare fuori dall’acqua.
Ismet disse: «Ya Allah, Kak Nain. Cosa le è successo?».
La donna rispose: «Dovevo salvarle. Le mie ba…». Alcune sanguisughe le strisciarono in bocca (quando la aprì per dire “a”) e lei cercò di sputarle fuori. «Le mie bambine». La lingua si muoveva nella bocca come se stesse cercando di togliere un pezzo di cibo rimasto incastrato tra i molari.

Da La somma delle nostre follie, di Shih-Li Kow

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