Le porte di una «resa» benevola erano state sbarrate più o meno nel 2004. L’allora ispettore capo della polizia, Sanjay Rana, mi disse categoricamente che ai Gadariya non sarebbe più stata concessa la possibilità di negoziarne i termini. Sarebbero stati arrestati, oppure uccisi durante uno scontro a fuoco.
Il massacro di Bhanwarpura, in cui tredici Gujjar erano stati sequestrati all’alba, legati mani e piedi e uccisi a sangue freddo, aveva scosso le coscienze. Il consenso dell’opinione pubblica calava sempre di più.
Eppure non era una questione semplice, un mucchio di criminali che uccide un gruppetto di contadini indifesi. In India, niente è mai così semplice. Le vittime erano perlopiù Gujjar, una comunità in posizione relativamente dominate nella regione, seconda solo ai Thakur in quanto a terre, denaro e potere. Molti uomini di loro portano armi e si spostano a cavallo più per status symbol, che per necessità. Il 70 per cento delle armi della fascia del Chambal sono in effetti di proprietà di Gujjar e Thakur. I Gadariya, al contrario, sono poveri caprari. Non hanno peso politico, e pochi di loro posseggono armi.
Da I miei luoghi. A spasso con i banditi e altre storie vere, di Annie Zaidi