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Le voci dell’India

L’Hindustan Times dedica un approfondimento, segnalato da Breaking News India, su come sta cambiando il rapporto tra i cittadini e l’informazione nel paese. Come quasi ovunque nel mondo, con i social media che guadagnano terreno e superano i media tradizionali.

Nella seconda parte dell’articolo si presenta invece un esperimento per calcolare l’influenza che hanno alcuni personaggi celebri del paese attraverso i social network. I risultati sono a questo indirizzo e vedono ai primi posti compaiono soprattutto politici, seguiti dai nomi del cinema.

Foto: Poras Chaudhary

Ancora su Weibo

China Files traduce un articolo dello scrittore Liu Miao dove si parla del comunicato della città di Chongqing relativo al caso di Wang Lijun, capo della sicurezza pubblica cittadina che sembrava stesse per chiedere asilo politico agli Stati Uniti.

Al di là dato sostanziale, è interessante notare l’analisi esegetica che fa Liu Miao sull’intervento delle autorità su Weibo, la principale piattaforma di microblogging cinese, seppure in questo caso nella traduzione in italiano.

A proposito di Weibo, servizio del quale avevamo già parlato, segnaliamo inoltre da questo lungo e analitico articolo  di Vanity Fair un notevole fenomeno di interesse che sta riscuotendo da parte di chi utilizza Twitter, e in particolare da quel mondo delle celebrity americane che già rispetto quest’ultimo avevano fatto abbastanza da traino per la sua diffusione.

C’è comunque dell’altro in questo articolo, si parla anche di Hung Huang, che aveva pubblicato una lettera di Ai Weiwei e per questo era stato arrestato. Ancora, delle “3T e 1F” (Tibet, Tienanmen, Taiwan, Falun Gong), i termini proibitissimi che vengono prontamente filtrati dal Great Firewall, e del rapporto del social network con le autorità, che paradossalmente sono invogliate a entrarci non solo per un maggiore controllo, ma anche per utilizzare uno strumento che le mostri vicine alla popolazione.

Su Twitter e la censura

Nel comunicato apparso sul sito di Twitter un paio di giorni fa di certo hanno preso la questione alla lontana, parlando di “paesi che hanno una differente idea dei confini della libertà di espressione” (insomma: diversamente liberi), e tra i tanti esempi che si potevano fare citando il divieto di apologia del nazismo in Francia e Germania, non esattamente due paesi noti per reprimere la libertà di espressione.

Più in dettaglio, si parla della possibilità di escludere un contenuto in un singolo paese invece che globalmente. Il punto però è che Twitter in molti stati è ora vietato (salvo utilizzo di software che aggirano il blocco), e vista da un’altra angolazione sembra che in questo modo si vogliano gettare le basi per uno sbarco ufficiale in quei paesi.

Tra questi, en passant, c’è la Cina (sugli altri social network in Cina vedi qui). Il primo a parlare è stato l’artista Ai Weiwei, che nonostante il divieto è molto attivo Twitter (per seguirlo tradotto in inglese vedi qui). La sua reazione, affidata proprio a un tweet, è stata:

Se Twitter censura, smetterò immediatamente di usare Twitter

La questione è sicuramente destinata a far discutere. Qui un primo giro di opinioni a livello internazionale (video, in inglese).

Cina, più social che socialista?

Qualche tempo fa Associna aveva proposto uno schema comparativo sullo stato dei social network in Cina. Se probabilmente non stupisce più di tanto vedere come i servizi più diffusi a livello mondiali siano bloccati o funzionino a intermittenza, è interessante notare come si siano sviluppati dei loro cloni, con funzioni e caratteristiche simili.

Il più diffuso di questi è sicuramente Weibo, servizio di microblogging con caratteristiche del tutto simili a quelle di Twitter, e un bacino di utenti ancora maggiore. China Files gli ha dedicato un approfondimento, partendo da alcuni episodi emblematici dell’anno passato e di come sono stati vissuti all’interno del social network. Ne emerge un universo in pieno fermento, e con numeri quantitativamente notevoli.

Ci troviamo in questa fase in uno di quei tipici momenti in cui lo slancio tecnologico è un passo leggermente avanti rispetto all’intervento regolatorio delle autorità centrali. Intervento comunque che già c’è ed è al centro di un dibattito per i suoi sviluppi ulteriori, ma a questo punto diventa difficile capire quali saranno le specifiche iniziative in un terreno per sua natura piuttosto inafferrabile.

Per approfondire ulteriormente l’argomento, segnaliamo questo eBook curato da China Files intitolato La danza del drago digitale.

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