Amruta Patil, autrice del nostro Nel Cuore di Smog City, e Sarnath Banerjee, noto graphic novelist indiano, insieme sul palco della Sala Estense a Ferrara, nel contesto del Festival di Internazionale.
Due personalità agli antipodi: maglietta e calzoncini corti per Banerjee, che sembrava determinato a offrire di sé una immagine da artista underground: mi ha detto «Io sono un cattivo ragazzo, e questo fa di me un artista. Devo stare sempre sulla corda, se cominciassi a sentirmi troppo tranquillo rischierei di trasformarmi in un bravo ragazzo…». E sul fumetto in generale: «Ero più interessato a questa forma di espressione qualche anno fa, quando aveva ancora un’aura da arte underground. Ora mi sembra diventato una roba di culto, e a me il cult non interessa».
In realtà sul palco ci ha poi voluto raccontare come dal suo punto di vista il fumetto (disegno, scrittura, spazio, narrazione) è lo strumento perfetto nel quale raccontare ciò che ha in testa.
Amruta Patil, lunghi capelli neri attorno a un ovale gentile, indossava un lungo vestito colorato, sul viola. E raccontava se stessa non come una graphic novelist, ma come una scrittrice e disegnatrice. Colpisce lo scarto tra la Kari protagonista del suo racconto – capelli corti, un’arietta da ragazza punk europea, lo sguardo aggressivo, e Amruta ha sempre dichiarato che in Kari c’era qualcosa di sé – e la Amruta Patil di oggi, romantica e aggraziata, a volte timida.
La spiegazione sta nelle sue parole intorno a Parva, il racconto a immagini tratto da un brano del Mahābhārata al quale sta lavorando da anni: «Il Mahābhārata – ha detto – non è un epica religiosa o solamente storica. È un libro che parla del comportamento delle persone, del loro modo di vestirsi e fare all’amore, di ciò che è giusto o sbagliato nel relazionarsi con gli altri». Amruta è giusta, dolcissima, forse risolta dopo il successo del suo primo racconto con immagini.
Gran ressa attorno a lei, le copie del suo libro sparite in un fiato e da lei sigliate con disegni originali per ciascun lettore.