Sul fronte della docenza Ma Debao era fi nalmente riuscito a ingranare, a mettersi in carreggiata. Non era facile insegnare cinese, ma poteva essere un’esperienza fantastica, si trattava di obbligare gli studenti a leggere il manuale. «Se si legge un libro cento volte, la sua essenza si svelerà» è un’antica massima che oggi non ha più grande valore, il che forse signifi ca che i lettori sono sempre più stupidi o gli scrittori sempre più intelligenti. Le intenzioni degli autori dei testi del manuale somigliavano agli amori di stampo tradizionale, erano criptate, per quanto se ne intuisse l’esistenza e gli studenti si affannavano a tirare fuori un senso dai brani, neanche facessero degli scavi archeologici. Prima scavavano a fondo nel terreno, poi levavano strati e strati di polvere, una volta recuperato il cimelio, dovevano trattarlo con cura, se ne capitava uno un po’ più grosso bisognava ripararlo e ridipingerlo, una vera faticaccia.
Ma Debao, invece, era estremamente diretto, niente discussioni in classe, niente interrogazioni, sbatteva in faccia agli studenti i ritrovamenti archeologici fatti lungo gli anni da altri professori. E gli studenti erano semplicemente tenuti a copiare dalla lavagna sul quaderno e dal quaderno sul compito in classe. Dopo alcune prove scritte, i risultati furono spettacolari, e gli errori pochissimi. Per Ma Debao rimaneva un’unica spina nel fi anco, il circolo letterario.
Da Le tre porte, di Han Han