Rincasando, Xiao Ding trova Xiao Chu in salotto davanti alla libreria di bambú, intenta a darsi una truccatina veloce: sul ripiano più alto è appoggiato uno specchietto grande quanto il palmo di una mano. Coprendosi con la sinistra il viso gonfio e bluastro, Xiao Ding fila dritto in bagno, con uno sforzo immane si china sul rubinetto del lavandino e si sciacqua via dalla faccia e dalle mani le tracce di sangue. Com’è che oggi non sei al lavoro?, chiede dal bagno in tono decisamente aggressivo. Xiao Chu si giustifica: Adesso ci vado, al lavoro, ma che dici? Stasera c’è un cliente che ci invita a cena al «Città di Chaozhou», non lontano da qui, così già che c’ero sono passata a dare un’occhiata. Hanno vissuto insieme in quella casa per un anno, ma per evitare litigi Xiao Chu è tornata a trasferirsi nel dormitorio aziendale e ora si fa vedere solo il fine settimana o il mercoledì. Come volevasi dimostrare, il loro rapporto – che aveva imboccato ben presto una fase discendente – ne è uscito notevolmente rafforzato. Cena?, protesta lui, ma è ancora presto per cenare. Ma se ti ho detto che sto peruscire! ribatte Xiao Chu spazientita senza smettere di pettinarsi. Ho dimenticato delle cose e devo prima fare un salto in ufficio. Ma che razza di cliente è questo qui che ti invita a cena, eh, che razza di cliente è? A quanto pare i clienti sono tizi che non fanno altro che invitare a cena la gente.
Da Se non è amore vero allora è spazzatura, di Zhu Wen
Posted by Metropoli d'Asia on ottobre 13, 2016
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