Da Le torri del silenzio, di Cyrus Mistry

Sono cresciuto non lontano da qui. Quand’ero ancora bambino, può darsi che i miei mi ci abbiano portato ad assistere a un funerale o due, ma solo molto più tardi ho cominciato a considerarlo il mio giardino, il mio bosco privato: un luogo incantato in cui ero libero di scorrazzare, di meravigliarmi a mio piacimento delle forme, degli odori e dei colori della natura, degli alberi, degli uccelli e dei magnifici cespugli, oltre che della distesa selvaggia delle rocce. Vicino alla sommità della collina dominano le torri tozze – tre –, con le fauci spalancate verso il cielo per permettere ai rapaci di scendere e pasteggiare a volontà, per poi levarsi di nuovo in volo indisturbati. Pur circondato da una città che diventa ogni giorno più rumorosa e popolata, questo appezzamento di terreno è così esteso e nascosto che nessuna attività o sillaba pronunciata da voce umana scalfisce la sua atmosfera pacifica. Anche se la morte è la ragione ultima della sua esistenza, in questo giardino la vita riporta una vittoria schiacciante.

Da Le torri del silenzio, di Cyrus Mistry

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