Seminare scrittori: è possibile? Vederli crescere.
Quando partivo per l’Asia, anni fa, prima di stabilirmi a Pechino, qualcuno mi salutava augurando: buon raccolto! Avevo già pubblicato Ayu Utami, ero a Jakarta dove Metropoli d’Asia partecipava a un premio letterario, il Khatulistiwa, che però quell’anno non diede frutti. O almeno, a me non parvero all’altezza. Dissero: anno sfortunato. Risposi: e allora chi? E insistevo: un autore più giovane, in sintonia con i lettori più giovani. Domandavano: adatto al mercato europeo?
Mi indignavo, quasi. No! Io cerco i romanzi degli indonesiani, romanzi piantati nell’identità nuova di un paese, dentro alla sua mutazione profonda come tutta l’Asia. Insomma cosa piace qua? Chi ci sa raccontare qualcosa dell’Indonesia di oggi? Un pochino petulante, lì, nel ripetere che no, non voglio l’ambientazione storica, o il racconto delle tradizioni ancestrali. Che li apprezzo, certo, quei buoni romanzi, ma che per Metropoli d’Asia mi piace la contemporaneità.
Al di là del mestiere di editore, dicevo, mi interessa capire cosa si pensa e scrive e si legge qui, oggi, in queste megalopoli piene di traffico e di gente ormai simile a noi. Al macero l’esotismo. Datemi l’Asia dura, anche feroce, dell’oggi.
Lelaki Harimau, letteralmente l’Uomo Tigre, l’ho comprato il 28 novembre del 2010. E, accidenti, avevo in mano anche un secondo romanzo. Ma dovevamo rallentare, fare qualche libro di meno. Chiesi una proroga per il primo romanzo, non esercitai l’opzione sul secondo, e ormai mi sa che non ci arrivo più. E’ uscito, il nostro uomo tigre in italiano, nel gennaio dello scorso anno.
E nel frattempo, quest’Asia in timelapse ha accorciato le distanze con noi. Ci sono sempre più vicini, gli asiatici delle città, anche quando raccontano storie che sanno di favola, perché gli vivono nei polpastrelli, mentre battono sulle tastiere. E adesso arrivano, nelle longlist, sui nostri magazine, ai festival letterari. Portano il profumo di un Asia diversa, un’Asia le cui fatiche assomigliano alle nostre.
Congrats, Eka! E grazie.