Raj Rao, quattro anni fa a Bombay

Avevo trovato il suo The Boyfriend (Il mio ragazzo) in tutte le librerie di Bombay. L’avevo letto, mi era piaciuto.

Non solo avevo scovato quel che cercavo, un romanzo che dimostrasse l’esistenza di un India nuova, contemporanea, capace di affrontare temi che sono anche i nostri, lontana dalle saghe famigliari di villaggio, a base di sari colorati e spezie.

La storia di un amore omosessuale a Bombay aveva la capacità di raccontare la città in molti suoi aspetti: la vita dei professionisti a cavallo tra giornalismo e pubblicità, la relazione tra le caste e i ceti sociali alti e gli intoccabili, anche le bombe e gli scontri tra fondamentalismi religiosi che hanno segnato la storia dell’India. Qualcuno, in Italia, mi aveva fatto notare: è un romanzo di costume, c’è poca letteratura alta. Sì, embè? Perché Pennacchi o la Avallone, allora?

Trovato il contatto, scoperto che il Professor Raj Rao dell’Università di Pune scendeva sempre a Bombay nel weekend, gli ho chiesto un incontro.

Cinquant’anni suonati, nessuna intenzione di esibire la propria omosessualità, Rao mi viene incontro davanti all’ingresso del Regal Cinema, uno dei luoghi simbolo della South Bombay. Non dovrei descrivere così uno dei più grandi scrittori indiani contemporanei, lo so: ma mi ha fatto l’effetto di un cagnolone che ti viene incontro con le orecchie basse, orecchie peraltro parecchio aperte ai lati del viso (una volta si diceva “a sventola”).

E un atteggiamento di dolore composto e trattenuto, una malinconia questa sì esibita, ma senza rancori, senza rimostranze. Vestito con blue jeans e camicia dello stesso colore, mi ringrazia con un certo ossequio per la mia decisione di pubblicarlo in Italia.

Io commetto l’errore tipico dei quelle mie prime settimane a Bombay: lo invito in un noto ristorante di Colaba, dove la qualità delle pietanze non è necessariamente superiore a quella dei ristoranti popolari (quindi eccelsa), ma lo sono i prezzi, e lo status dei clienti: siamo all’Indigo, giusto alle spalle del Taj Mahal Hotel, cucina fusion tra la francese e l’indiana, molti bianchi, indiani giovani stile Bollywood (cioè l’aria tamarra, camicia aperta sul petto, oro ai polsi e barba non fatta), indiani anziani stile funzionario di governo (kurta bianca e pancia prominente, arrivati sulla vecchia Ambassador bianca con autista e lampeggiane sul tetto).

È evidente la timidezza di Rao in questo ambiente, ma anche qui dovrei dire: timidezza contenuta, che non gli impedisce di richiamare un cameriere per precisare la sua ordinazione, ma vedo che gli sguardi che si lancia attorno sono di controllo. Preferisce un tavolo addossato al muro, e a tratti mi parla appoggiandosi con una spalla al muro stesso, un gesto da ragazzo.

Leggendo i suoi racconti (quelli che abbiamo appena pubblicato), avevo capito che mi trovavo di fronte a un autore di livello, ben determinato a non nascondere, anzi a rilevare nella scrittura la propria omosessualità.

Un intellettuale che nel corso di una già lunga vita ha affrontato le ovvie difficoltà (recentemente ha vinto una battaglia in università per ottenere il posto che gli spettava di diritto, Vice-Chancellor), e che si è abituato a muoversi con il passo lento e regolare di chi sta camminando in salita, su per un ghiaione di alta montagna, cercando di mantenere la propria velocità al di sotto della soglia aerobica (insomma: senza doversi fermare ogni cinquanta passi per il fiatone), tenendo per sé una fatica di cui è meglio dimenticarsi, senza stare mai a domandarsi perché si è scelto di camminare in salita, ma continuando passo dopo passo, difendendo l’integrità e la serenità del proprio pensiero: una libertà sotto tutela, insomma.

Ripensandoci, è quando gli ho chiesto quanto la propria condizione di omosessuale lo mettesse in pericolo in questa India ancora pervasa di fondamentalismo religioso e maschilistiche ovvietà, che Rao si è per la prima volta appoggiato con la spalla al muro, parlandomi.

Dopo la cena mi ha portato nel luogo simbolo del suo romanzo, tappa fondamentale della propria esistenza: il Testosterone, discoteca gay aperta da un decennio a Bombay lungo l’Apollo Bunder, in faccia al Gateway of India, a due passi dal Taj e soprattutto di fianco al Radio Club, un circolo tutto legno e vetri smerigliati per ricchi signori che immagino disturbati da una tale contiguità. Dal Testosterone escono i protagonisti de Il mio ragazzo la notte nella quale, rompendo davvero gli schemi, invece di lasciarsi intimidire da due poliziotti con i baffoni regolamentari (che sono lì, come è ovvio, a pretendere il servizietto gratis, lo stupro della Legge), li pestano per bene, tra le risate.

All’ingresso Raj mi presenta al cassiere, un po’ spaventato della mia presenza (scoprirò di essere l’unico bianco all’interno, l’accordo con le autorità quattro anni orsono era: non coinvolgete i turisti, tanto meno quelli in cerca di ragazzini; il Testosterone resta aperto, pare, grazie ai favori di qualche alto papavero, per motivi non specificati, con le intuibili relazioni di vassallaggio che Rao ben descrive ne Il mio ragazzo).

Sono il suo editore italiano, voglio vedere i luoghi descritti nel romanzo. Dentro, in un antro scuro che pare un centro sociale, con pochi tavolini e tanti ragazzi appoggiati alle pareti, i pochi che stanno ballando si ritraggono, al nostro ingresso. Raj mi chiede di aspettarlo e va a salutare qualcuno. In realtà, mi spiega, deve rassicurarli. Due ragazzini, con un po’ di trucco sugli occhi, mi si avvicinano con qualche moina. Rao mi dirà: sono molto pericolosi, anche violenti, il padrone non riesce a tenerli fuori dal locale.

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        Paola Mantovani 22 gennaio 2011 Solo da piimcssoho sono venuta a conoscenza dell’ esistenza di questo sito, avvenuto in modo molto causale durante le mie scorribande serali su internet. Lavorando fuori paese e avendo, per scelta, poche relazioni sociali, trovo questa un’ iniziativa utile per gli aggiornamenti sugli accadimenti locali e divertente per le notizie di carattere culturale. Non di meno, apprezzo le rubriche di opinione, dove al singolo cittadino sia concesso di commentare e disquisire sui vari argomenti proposti, tant’ e8 che pure a me piace farlo, qualora lo ritenga opportuno. Ma e8 nella lettura dei commenti che prediligo cimentarmi e tale interessante attivite0, ha consolidato la consapevolezza di quanta arroganza, maleducazione e , concedetemi, ignoranza si insinuano nel buon popolino.Passino gli errori ortografici e grammaticali, dove una “sce” diventa “ una ”sche” e nello stesso tempo si ha la presunzione di farsi proprio un linguaggio tecnico.Passi il fatto di scrivere in dialetto, che qui trovo comunque volgare e inadatto, mentre sarebbe sicuramente divertente e incisivo in scritti di ben altro genere.Ma non riesco a far passare l’ anonimato, forma di mera codardia.Non riesco a far passare l’offensiva, che traspare in tutta la sua crudezza e senza un minimo di pudore.Non riesco a far passare e non reggo proprio pif9, tutti questi sedicenti saccenti, maleducati e arroganti ,che di Umanesimo nulla sanno e nulla hanno, che credono di avere sempre in mano delle verite0 assolute e incontrovertibili, e che non potrebbero produrre neanche uno straccio di prova per avallare le loro asserzioni. Si parla per dare aria alla bocca, per il gusto di criticare qualsiasi decisione presa. Serve buon senso, serve equilibrio, discrezione e confronto sano e costruttivo.Gioco d’ anticipo, che quanto scrivo, non va a difesa dell’ attuale amministrazione comunale; niente politica, se ne ha le scatole piene. Solo considerazioni, pure considerazioni civiche.Faccio passare senza riserve Fabio Zacchi che si e8 espresso con stile ed eleganza, come sempre.Faccio passare Mario Setti, che con intelligenza butta il sasso e come sempre provoca un maremoto e che e8 uno di quei poggesi che mi fa piacere incontrare per le strade di Poggio. Io lo stimo e credo che lui lo sappia.

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        Anche la presenza del ciclo asetrumle non protegge dalla fecondazione che e8 sempre possibile in qualsiasi giorno del ciclo e non solo durante i giorni in cui e8 pif9 probabile l’ovulazione (in un mese ci possono anche essere due ovulazioni…) come ho spiegato in Ho fatto sesso con il ciclo: posso essere incinta?

      • http://www.facebook.com/profile.php?id=100003405611943 Rami

        Trovo questo ciartolo di Costanzo Preve estremamente interessante, e8 quasi scontato sottolinearlo, e largamente condivisibile, ma non del tutto, per lo meno dal mio punto di vista.Prima di entrare nel merito, perf2, una doverosa premessa. Considero Preve uno dei pif9 lucidi e intelligenti pensatori contemporanei, cosec come Barcellona e anche Tronti (senz’altro pif9 ortodosso rispetto ai primi due), autori di quella famosa lettera che ha dato lo spunto allo stesso Preve per questo suo intervento. Il sottoscritto sta a questi intellettuali (veri, non da salotto) come una mosca ad un elefante, e nei confronti di quei filosofi di cui si accinge in modo ultra sintetico, rozzo e immodesto a commentare alcuni passaggi del loro pensiero, come una pulce a dei dinosauri .Cif2 detto, azzardo qualche riflessione. Vado per punti.Intanto condivido del tutto l’opinione di Preve su Hume, che e8 il vero e principale teorico della concezione borghese del mondo. Hume infatti scarta completamente l’idea contrattualistica (Hobbes, Locke, Rousseau) che sarebbe alle fondamenta della nascita della societe0 civile (leggi “borghese”, nella lettura humiana) cosec come, nello stesso tempo, le soggettivite0 potenti, autorevoli, progettuali (da un punto di vista sia politico che etico) rappresentate dalle filosofie kantiana e soprattutto in seguito hegeliana (e8 una mia interpretazione ma la vedo cosec). E lo fa per una ragione semplicissima e cioe8 che queste istanze etico-politiche , in particolare l’Imperativo Categorico kantiano e l’Autocoscienza hegeliana (mi fanno ridere le femministe che hanno mutuato e volgarizzato il concetto di autocoscienza hegeliano applicandolo ai loro ridicoli circoli, per poi considerare il suo ispiratore filosofico come il massimo dell’empiete0 maschilista, lasciamo perdere va, che e8 meglio…) avrebbero potuto (e cosec e8 senz’altro, dal mio punto di vista) rappresentare un freno all’espansione illimitata della concezione individualistico-utilitaristica, che e8 il fondamento dell’ideologia borghese capitalistica, fino addirittura ad arrivare a rivendicare la supremazia dell’elemento politico su quello economico; concetto assolutamente insopportabile per la concezione capitalistica del mondo in tutte le sue diverse salse.Non solo. Questa stessa concezione utilitaristica, secondo Hume, appartiene allo stato di natura, ne9 pif9 e ne9 meno che la sessualite0 o la religione. Qualsiasi tentativo di eradicare queste ultime o anche solo di modificarle-trasformarle, e8 destinato a naufragare. Non dimentichiamo che Hume e8 stato anche definito, non a caso, come “il grande scettico”, e pur tuttavia egli stesso riconosce all’afflato religioso quella dimensione ontologica che successivamente Hegel ha in qualche modo “storicizzato”, inserito, anche se non del tutto all’interno della dimensione storica (filosofia della storia). Quella stessa dimensione che, con un’analisi infinitamente pif9 puntuale e approfondita di quella del sottoscritto, riconosce anche Preve (e gli intellettuali firmatari di quella lettera).E qui arriviamo ad un altro nodo fondamentale (e anche in questo caso sottoscrivo l’interpretazione di Preve) . A mio parere, sebbene Marx fosse un ateo nel senso “feuerbachiano” del termine, il suo materialismo, proprio perche9 figlio della dialettica hegeliana, non partiva da presupposti rigorosamente ateistici (non certo perche9 essere atei sia un colpa, sia chiaro, e8 solo una constatazione). Infatti il presupposto scientifico a cui faceva riferimento Marx non era quello “asettico”, scientifico in senso classico, matematico, freddo, e filosoficamente libero da “valori morali”, ma affondava le sue radici nella concezione hegeliana e prima ancora fichtiana della Storia e dell’Essere. Non a caso la categoria filosofica centrale in Marx e8 quella di “alienazione” che si inserisce idealmente, volendo semplificare fino all’inverosimile, all’interno di un percorso e di una tradizione filosofica antichissima che va da Platone a Hegel, passando naturalmente per Spinoza e Kant.Da questo punto di vista il Marxismo (mi riferisco al pensiero di Marx, non alle sue declinazioni operate prima dalla Seconda e poi dalla Terza Internazionale), cioe8 la filosofia della prassi, concepita come processo di trasformazione dello stato di cose presente, come superamento dell’alienazione, dello sfruttamento, della divisione in classi, della mercificazione assoluta degli esseri umani a cui conduce inevitabilmente il capitalismo (mi sembra che la realte0 attuale dimostri, da questo punto di vista, l’attualite0 del suo pensiero), e contestualmente l’aspirazione alla giustizia sociale, all’eguaglianza, alla liberte0, al superamento delle contraddizioni, possa essere considerato come una filosofia che poggia le sue basi su delle istanze di tipo “umanistico” che anch’esse fanno parte a pieno titolo dell’”Essere” , cioe8 della dimensione ontologica dell’”Umano”, cosec come per Hume lo erano l’individualismo “borghese”, lo scambio delle merci (e la religione). Che poi ci sia una contraddizione in tutto cif2 e8 evidente ma probabilmente anche quest’ultima appartiene all’”Umano”, o alla stessa dimensione ontologica dell’”Essere”. Non chiedetemi di pif9 in tal senso perche9 non sarei in grado di darvi una risposta (e credo, sinceramente, che non moltissimi sarebbero in grado di darla), ne9 se sia possibile eliminare questa contraddizione.Si evince di conseguenza come la filosofia marxista affondi le sue radici in un retroterra filosofico di tipo “idealistico”, e ancor pif9 precisamente in quella che Hegel definiva la “coscienza infelice” della borghesia, o di una parte di essa (cioe8 la consapevolezza che lo sviluppo capitalistico e8 destinato inevitabilmente a produrre e a perpetrare diseguaglianza e ingiustizia e la necessite0 di un suo superamento) e che soltanto la sua “secolarizzazione” (figlia del positivismo, dello scientismo e delle necessite0 storico-politiche dell’epoca) ha voluto rendere conoscenza scientifica in senso classico, mescolando insieme conoscenza filosofica, conoscenza scientifica e ideologia (di cui Marx stesso era un critico feroce), fino a ridurre a dogma assoluto un pensiero e un approccio interpretativo, proprio perche9 “dialettico”, fondamentalmente aperto (anche al principio di contraddizione) . Poi e8 vero che al contempo il pensiero marxiano fosse impregnato di una visione teleologica e finalistica ma questo lo addebito alla sua lettura della dialettica storica e al fatto che anch’egli, nonostante il suo genio (come Hegel e come tutti gli altri pensatori) fosse figlio dei suoi tempi. Hegel perf2, pif9 “furbo” (e soprattutto, a differenza di Marx, non preoccupato di elaborare una filosofia della trasformazione…), si ferma al suo tempo e non va oltre, come fa invece Marx , che in questo caso (non essendo un inviato di Dio sulla Terra bensec “solo” una grande mente filosofica come altre ,poche,a quel livello, per la verite0) va incontro ad un errore strategico nel momento in cui crede di pre-vedere nel futuro la crisi strutturale del modo di produzione capitalistico cosec come precedentemente era stato quello feudale e prima ancora schiavistico (quando in realte0 il sistema di produzione capitalistico si e8 dimostrato il pif9 potente fino ad ora). Mi fermo, da questo punto di vista, perche9 il discorso potrebbe diventare interminabile.Tutta questa improvvida e certamente maldestra filippica per dire che, per le ragioni che ho cercato di spiegare sopra) concordo con lo spirito che ha animato i firmatari di quella lettera e anche il commento successivo di Preve, sulla necessite0 dell’apertura o della riapertura di una discussione su temi che non possono essere ignorati, quali quelli della dimensione spirituale dell’”Umano” e dei cosiddetti valori non negoziabili”, che sono quelli della vita, intesa nella sua pif9 ampia accezione. Lottare quindi per il superamento dello sfruttamento, della diseguaglianza, dell’alienazione, della riduzione dell’essere umano a merce (mercificazione) non e8 e non puf2 essere in contraddizione con la lotta per il rispetto e la dignite0 della vita, in tutte le sue manifestazioni. E qui mi rendo conto che le nostre strade, lo strade di tutti intendo, non certo solo la mia o quella di altri amici o utenti del blog, ma veramente di tutti e di tutte, possono dividersi su tanti punti: eutanasia, aborto, eugenetica, uteri artificiali, adozione dei figli da parte di coppie omosessuali e via discorrendo. Sono certo che, liberi da condizionamenti e griglie ideologiche, ciascuno di noi ha sicuramente approcci differenti su ogni singolo punto, e sfido chiunque a trovare colui (forse solo i cattolici integralisti a tutto tondo) che abbia idee chiarissime e soprattutto certe nel merito.Aggiungo una nota. Anche l’ultimo grande filosofo di fama mondiale, cioe8 Gadamer, e8 arrivato a mettere in guardia contro l’”abuso della tecnica”, spingendosi addirittura ad affermare che “persino il fondamentalismo islamico costituisce una nicchia di resistenza contro l’abuso della tecnica e delle potenziali limitazione alla sete di onnipotenza nonche8 un segno della resistenza nei confronti dell’omologazione indotta dalla globalizzazione capitalistica e dalla cultura anglosassone”.Questo per dire che la scelta dei quattro firmatari, comunque pif9 che lodevole, in considerazione del contesto globale in cui e8 stata concepita e scritta e soprattutto della gran parte dei destinatari a cui e8 indirizzata (cioe8 il mondo della cultura “laica” e/o di “sinistra”), ha gie0 una autorevole strada aperta alle sue spalle.Parole, quelle di Gadamer (che certo non e8 un integralista religioso…), anche inquietanti, dure, se vogliamo, ma che indubbiamente fanno riflettere.Infine, un paio di note critiche all’articolo di Preve. La prima. Mi sembra di riscontrare nelle sue parole una sorta di nostalgia per una concezione “tradizionale” e molto “normativa” del concetto di famiglia. Sembra quasi, per lo meno stando a quanto scrive, che quella dei single o delle coppie gay sia una condizione “patologica”, il che mi sembra francamente esagerato e non corrispondente al vero. Non credo da tempo alla possibilite0 di definire una condizione “idealtipica” nell’ambito delle relazioni umane, affettive e sessuali e ribadire, come mi sembra che lui faccia, una sorta di primato quasi etico della famiglia “piccolo borghese normotipo” sia assolutamente fuori luogo. Felicite0 e infelicite0, sanite0 mentale o nevrosi, sofferenza psicologica o serenite0, solitudine o condivisione, amore o assenza di amore, non dipendono e non possono dipendere da una condizione affettivo-familiare che non puf2 certo essere codificata (quella “giusta” e quella “sbagliata” o “deviata”).La seconda. E’ vero che la Sinistra (anche quella con la S maiuscola) quando ha deciso di aprirsi a determinati temi, lo ha sempre fatto rivolgendosi al mondo cattolico. E’ una scuola che viene da lontano e non e8 un caso che un uomo come Vacca (ha ragione Preve nel definirlo un apologeta di Togliatti e del PCI) abbia appoggiato una simile iniziativa. Naturalmente, come ben sappiamo, esistono anche altre confessioni religiose, che hanno la stessa dignite0 e gli stessi diritti, per quanto mi riguarda, di quella cattolica. E’ quindi sbagliato privilegiare la Chiesa cattolica, da questo punto di vista. E’ pur vero perf2 che siamo in Italia, dove quest’ultima e8 larghissimamente maggioritaria rispetto a qualsiasi altra confessione. E siccome Tronti, Barcellona, Sordi e Vacca sono degli intellettuali, e8 verissimo (Tronti e Barcellona di notevolissimo spessore filosofico, Vacca e8 per lo pif9 uno storico) ma non hanno mai (giustamente, a mio parere) smarrito per la strada il senso della politica, e8 ovvio e conseguente (e figlio della ragion politica) che si rivolgano in particolar modo al mondo cattolico.Fabriziop.s. mi scuso con tutti/e per la lunghezza ma, come sapete e come ho ripetuto mille volte, la sintesi non e8 il mio forte. Ho provato a spiegarlo, senza successo, anche ad Al2011 (di cui non ho pubblicato l’ultimo commento perche9 era veramente troppo intriso di livore, aggressivite0 e anche una notevole dose di disprezzo), che mi/ci sfidava ad una ridicola quanto sciocca micro competizione da blogger…Se devo spendere energia e tempo, come ho avuto modo di spiegare, lo faccio per cif2 di cui vale veramente la pena, come e8 in questo caso la riflessione di Preve relativamente alla lettera di Barcellona e “compagni” (dovrei scriverlo senza in virgolette, in questo caso…:-) ).

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        Busetti giuseppe 26 nainego 2011 Rispondo alla Signora Paola Mantovani.Oggetto: Gola della Vergogna.Non e8 commettendo errori di ortografia o scrivere con stile , che si afferma la verite0, ma bisogna avere coraggio. Quel coraggio che manca a molti.Credo fermamente, che le persone , che si sono espresse in merito all’argomento Gola della Vergogna , sollevato da Mario Setti, che io stimo personalmete, si siano documentate prima di esprimere la loro opinione. A mio giudizio , anche la persona che si e8 espressa in dialetto , va tenuta in considerazione, pur non codividendo l’anonimato. Di certo avra avuto timore di una eventuale ritorsione nei suoi confronti. Personalmente , lo posso capire , perche8 sono cose che ho provato sulla mia persona. Questo succede a chi vuole essere onesto, ma avendo una attivite0 in proprio corre il rischio di crearsi delle inamicizie.A me sembra, che il suo giudizio sommario , sia pif9 sulla forma che sulla sostanza in merito all’argomento in oggetto.Abbia per lo meno il coraggio di espimere il suo giudizio reale sulla scelta fatta dall’amministrazione Comunale a riguardo della pista ciclopedonale della Verdonda.Le consiglierei, prima di dare una risposta, di documentarsi maggiormente, di come realmente stanno le cose.Salutandola Cortesemente le invio i miei pif9 cordiali saluti.Busetti giuseppe Consigliere di Maggioranza del Comune di Poggio Rusco.P.S. Mi scusi e mi perdoni dei miei errori di ortografia.

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        Soluzione del quiz a cui una sola persona ha rsitospo tramite Facebook:Marc Jacobs, Spring summer 2011.Marc Jacobs, Stilista statunitense diplomato alla High School of Art and Design e successivamente alla Parsons School of Design. Mentre era ancora studente alla Parson e8 stato insignito di vari premi tra cui il Chester Weinberg Thimble Gold Award e Design come miglior studente dell’anno.E’ stato poi premiato dal Consiglio del Fashion Designers of America come nuovo stilista di talento per la moda. Ha realizzato e venduto la sua prima linea di maglieria mentre era ancora uno studente. Dal 1986 ha fondato 2 linee ( Marc Jacobs e Marc by Marc Jacobs) Dal 1997 guida il gruppo Louis Vuitton come direttore artistico.

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