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    La casa editrice di Andrea Berrini, scrittore e saggista. L’obiettivo: scoprire e tradurre narratori contemporanei asiatici che propongono scritture innovative.
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Tutti i post su Hong Kong

Metropoli d’Asia sulla Rivista Tradurre

La Rivista Tradurre propone in un articolo una panoramica sulla letteratura cinese in Italia negli ultimi dieci anni.

Si passano in rassegna case editrici e iniziative, individuando alcune linee di tendenza.

Veniamo inevitabilmente citati anche noi:

 

Accanto a questi casi pionieristici, a partire dalla fine degli anni duemila Metropoli d’Asia, anch’essa di Milano, ha selezionato un catalogo di opere rappresentative della letteratura urbana (e non solo) della macroarea asiatica, con particolare attenzione al mondo sinofono e cercando di mantenere un certo grado di continuità editoriale. Dopo diverse opere di Zhu Wen, Han Han e, più recentemente, della scrittrice sino-britannica Xiaolu Guo (che tuttavia scrive in inglese), sono apparsi tre romanzi riconducibili – benché solo lontanamente – ai generi del giallo e del noir, ovvero Oggetti smarriti di Liu Zhenyun (Liu 2016), E adesso? e il fortemente sperimentale Svegliami alle nove domattina (A 2016 e A 2017), entrambi di A Yi. Merito dell’editore è anche quello di aver presentato al pubblico anche opere in lingua cinese prodotte a Hong Kong e a Singapore, rispettivamente con l’intricato Duplice delitto a Hong Kong di Chan Ho Kei (Chan 2012) e L’atelier di Yeng Pway Ngon (Yeng 2013).

(Continua su Rivista Tradurre)

Da Duplice delitto e Hong Kong, di Chan Ho Kei

«Chi sta cercando, signore?» Mi chiese la donna.
Avrei voluto risponderle che in realtà lavoravo lì, ma mi si bloccarono le parole in gola.
«È tornato il commissario Wong?» Domandai.
«Chi?»
«Il commissario Wong Pak-Ching, il capo della squadra omicidi».
«Il capo della squadra omicidi si chiama Ma, non Wong. Forse si sbaglia». Ancora. Di chi stava parlando?
«Mi permetta, forse è lei che si sbaglia. Io cerco il capo della omicidi del chai koon sette».
«Come le ho già detto è Ma Hung-Kit, non Wong PakChing».
«Sta cercando il commissario Wong?» Si intromise un agente che passava di lì. Stempiato, poteva avere quaranta, cinquant’anni al massimo.
«Sì, proprio lui», annuii.
«Wong è andato in pensione tre anni fa. A quanto ne so, adesso vive in Canada». In pensione? Ma se avevo litigato con lui il giorno prima? Stavo per fare altre domande quando il mio sguardo si bloccò su una data cui non potevo credere. Mi prese il panico.
L’omicidio del Tung Shing era avvenuto il martedì della settimana precedente, in data diciotto marzo. Eppure, sul calendario elettronico alle spalle della poliziotta era indicato domenica quindici marzo. Per un attimo pensai di essermi sbagliato, ma non era così.
Ma più della data, ad allarmarmi era l’anno.
Non eravamo nel 2003?

Da Duplice delitto a Hong Kong, di Chan Ho Kei

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Da Duplice delitto e Hong Kong, di Chan Ho Kei

Che diavolo era? Cosa c’entravo io? Sul sottobicchiere umido il mio nome, i numeri e la somma di denaro erano stati scritti con una penna blu. Era un numero di conto corrente, di questo ero certo, ma non sapevo di chi potesse essere né cosa significassero tutti quei soldi.
Osservai con attenzione quella serie di cifre, e dopo averla fissata per circa un minuto non ero ancora riuscito a schiarirmi le idee. Decisi di lasciar perdere, scervellarmi non valeva la pena. Nel pomeriggio, superata la sbronza, mi sarei sicuramente ricordato ogni cosa.
Chiusi l’auto e mi incamminai verso la stazione di polizia. Il Western District ha conservato un’atmosfera tradizionale. A differenza di altre aree della città, come il quartiere di Central affollato e frenetico, Causeway Bay in cui ci sono più turisti che pesci in un fi ume, o la parte meridionale in cui tutti vanno a svagarsi e a rilassarsi, il Western District non è particolarmente animato. È conosciuto soprattutto perché vi si trovano molte scuole prestigiose e antiche, tra cui la celebre Hong Kong University. È abitato prevalentemente da famiglie benestanti e colte, ragion per cui la sicurezza pubblica non è mai stata un grosso problema; lì le persone vivono in un’oasi di pace e tranquillità. A dire il vero, nel tempo ha subito un’evoluzione impressionante: cento anni prima era un noto quartiere a luci rosse ma oggi, nelle stesse strade in cui si trovavano le prostitute, ci sono invece scuole materne, elementari e medie.

Da Duplice delitto a Hong Kong, di Chan Ho Kei

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Da Duplice delitto e Hong Kong, di Chan Ho Kei

Eppure sentivo che qualcosa non quadrava.
Esaminai l’intera vicenda e, sebbene non riuscissi a trovare nessun elemento concreto a cui appigliarmi, avevo uno strano presentimento.
Lam Ken-Sang non era l’assassino.
Era una sensazione che non mi sapevo spiegare. Perché ritenevo innocente un pregiudicato che tutte le prove indicavano come colpevole? Non riuscivo proprio a darmi una risposta.
«L’intuito del poliziotto».
Ricordavo di averlo detto la sera prima e gli altri si erano messi a ridere.
«Ma quale intuito! Non diciamo cazzate! Chi credi di essere?».
«Ehi, grande detective! Sarà meglio che vai a casa a riposare un po’».
«Non ti mettere a fare casini, noi dobbiamo attenerci a quello che ci dicono di fare, se facciamo incazzare i superiori stiamo freschi!»

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Da Duplice delitto e Hong Kong, di Chan Ho Kei

Una settimana prima, al terzo piano del Tung Shing Building in Sutherland Street, nel Western District di Hong Kong, erano stati ritrovati i corpi di una coppia uccisa a coltellate, la donna era incinta. L’uomo si chiamava Cheng Yuen-Tat, era basso e corpulento e lavorava in una piccola ditta commerciale come responsabile delle vendite. Sua moglie, June Lui, era più giovane di qualche anno e, sebbene si fosse laureata in letteratura in un’università prestigiosa, non aveva un impiego. Faceva la casalinga a tempo pieno, si prendeva cura della bambina di quattro anni e si stava preparando ad accogliere l’arrivo di un secondo fi glio. Era una famiglia come tante a Hong Kong: il marito sgobba per mantenere la famiglia, facendo mille straordinari per portare a casa due soldi in più. Gran parte dello stipendio di Cheng Yuen-Tat se ne andava nelle rate del mutuo e il resto veniva usato parsimoniosamente per i bisogni essenziali. Non erano ricchi ma non si può dire che non fossero felici. Facevano una vita normale, ma avevano fatto una fi ne atipica. Marito e moglie erano morti lasciandosi dietro una bambina indifesa, un mutuo da pagare e parecchio materiale su cui i giornalisti si sarebbero sbizzarriti.

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Hong Kong: poeti, artisti e blogger

L’ultimo post di Andrea Berrini su Doppiozero, all’interno della rubrica Le parole dell’Asia.

Come si può scrivere di attualità politica senza cadere entro l’orizzonte chiuso della notizia? Evitare la coazione a riprendere e rielaborare ciò che già vive di vita propria sui mezzi di informazione? Non mi accontento di un racconto rimasticato, di storie che occhieggiando agli archetipi e facendo leva sulla sensazione buchino il video – come si diceva solo pochi anni fa – plasmandosi in prodotti per un mercato.

(continua a leggere su Doppiozero)

L’ultimo numero di Cha: An Asian Literary Journal

È disponibile online il numero di giugno di Cha: An Asian Literary Journal. In questa edizione troviamo la consueta raccolta di poesie e racconti brevi (tutti in inglese), nonché fotografie, recensioni e un’intervista alla famosa poetessa indiana Keki Daruwalla.

Da segnalare anche un concorso di poesia sul tema “Addiction”, si possono presentare le proprie opere gratuitamente fino all’1 agosto.

Da Duplice delitto e Hong Kong, di Chan Ho Kei

Ma che mi era preso? Tutti i poliziotti sanno benissimo che non devono mai togliersi pistola e distintivo. E se qualcuno avesse approfi ttato del fatto che dormivo come un sasso per entrare in macchina e rubarli? Allora sì che sarebbero stati guai. Mi riscossi e rimisi la pistola nella fondina intorno alla vita, appesi il distintivo al taschino della camicia, indossai la giacca e le scarpe sporche, dopo di che uscii. Mi stiracchiai e le ossa risposero scricchiolando. Forse ero andato a bere qualcosa al pub dopo il turno; ma per quanto mi sforzassi, non mi ricordavo assolutamente nulla della sera prima: dove ero stato, con chi mi ero incontrato, a che ora ero tornato al parcheggio. Il vuoto più totale. Ad ogni modo, mi ritenevo più che fortunato per essermi svegliato nella mia macchina e non in un letto d’ospedale. Considerate le mie condizioni, non aver fatto neanche un incidente era un vero miracolo. «Da poliziotto, conoscere le regole e allo stesso tempo violarle è decisamente degradante», dissi all’improvviso con un sorriso amaro.

Da Duplice delitto a Hong Kong, di Chan Ho Kei

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Da Duplice delitto a Hong Kong, di Chan Ho Kei

Fissai il volante, leggermente stordito. Diedi un’occhiata all’orologio che avevo al polso e vidi che le lancette si trovavano tra le nove e le dieci. La sera prima non ero rientrato a casa? E dov’ero andato? Ero così stanco da essermi addormentato in macchina? Una fi tta mi percorse la fronte, come se mi avessero dato una martellata in testa. In realtà, la sensazione di dolore sembrava partire dal centro del cervello per poi propagarsi alle tempie. Avevo l’emicrania? O erano i postumi di una sbronza? Presi la giacca e la annusai: emanava un inconfondibile tanfo di alcol. La seconda opzione sembrava la più probabile. La sera prima dovevo aver bevuto come una spugna, perciò avevo deciso di non tornare a casa e di dormire in macchina. Aprii il vano portaoggetti, tirai fuori una scatola di aspirine e senza pensarci due volte ne mandai giù due così, senza neanche un po’ d’acqua. Dannazione, mi scoppiava la testa.

Da Duplice delitto a Hong Kong, di Chan Ho Kei

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Chan Ho Kei in edicola

Questa settimana il libro di Chan Ho Kei Duplice delitto a Hong Kong è anche in edicola, all’interno della collana Agenda Noir in abbinamento con Repubblica o L’Espresso a 7,90€ oltre al prezzo di Repubblica o de L’Espresso.

Se avete perso un numero della collana, si può recuperare con un sovrapprezzo di 1€.

wenman@mailxu.com lubell.lasonya@mailxu.com hower.travis@mailxu.com