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    La casa editrice di Andrea Berrini, scrittore e saggista. L’obiettivo: scoprire e tradurre narratori contemporanei asiatici che propongono scritture innovative.
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Tutti i post su Italia

Kim Young-ha al Festivaletteratura

Il nostro Kim Young-ha, autore di L’impero delle luci, parteciperà al prossimo Festivaletteratura di Mantova, dal 4 all’8 settembre. Da qui si può vedere l’elenco completo degli autori invitati. Kim Young-ha sarà l’unico scrittore proveniente dall’Asia orientale.

Il Premio Ostana a Chenreb Gyamtso, dal Tibet

Il giovane scrittore tibetano Chenreb Gyamtso ha vinto il Premio Ostana, che si svolge ogni anno nella cittadina in provincia di Cuneo, ed è dedicato alle lingue madri in via di estinzione. Su questa pagina di Nòvas d’Occitània è presente un profilo dell’autore, con anche il racconto breve che gli è valso il premio e il video con un’intervista tradotta in italiano.

Questo è li sito di Chenreb Gyamtso, si tratta di una piattaforma che raccoglie raccoglie romanzi, racconti e altre opere provenienti da vari autori.

Pausa estiva

Il blog si prende una piccola vacanza, ci aggiorniamo tra un paio di settimane.

Pensierini asiatici: sull’identità delle classi medie

Il nostro Chan Ho Kei (occhèi, occhèi…), con la sua passione per le amnesie dei suoi personaggi, fa venir voglia di ragionare un po’ sulla questione dell’identità. Più di quanto sia successo a noi in una storia recente la generazione dei trenta quarantenni si confronta con scenari nuovi, e sperimenta sicuramente una rottura con il passato (forse con le visioni del mondo dei propri genitori).

Zheng Yu Ran è una giovane cinese, che si è precipitata a incontrarmi in un ristorante del 697 (il quartiere degli artisti di Pechino) al volante di una Mini fucsia, di quelle con le orme da cagnolone disegnate sul cofano e un grosso orsacchiotto di peluche sul sedile posteriore. Zheng Yu Ran scrive fantasy: eroi con gli spadoni capaci di spostarsi nel tempo e nello spazio. Uno dei suoi punti fermi sono le porte che si aprono su realtà parallele: oltre i confini della realtà, dunque.

Intimidita dalla presenza di uno straniero (parlava come se stesse stringendo a sé l’orsacchiotto) mi diceva con grande naïveté che loro, i giovani della Cina contemporanea, hanno alle spalle una letteratura profondamente legata al reale: sia esso immaginario come ai tempi del realismo socialista, sia esso veritiero come nel caso delle ultime due generazioni di scrittori: che sentono l’urgenza di rimasticare la Rivoluzione Culturale e i suoi orrori e traumi, così come la fine anni Ottanta e la repressione culminata con Tienanmen.

(continua…)

Una rivista, un intellettuale, una rivolta: da rivedere a Londra, domani

Ou Ning mi spaventa una sera a cena, dichiarandomi l’intenzione di cercare un incontro con Toni Negri quando visiterà Parigi, in aprile. Di tanti, proprio lui? Provo a spiegargli i danni (eufemismo) fatti nella seconda metà dei Settanta da questo ineffabile professore, che lasciò dietro di sé una scia di delitti e qualche migliaio di ragazzotti in galera, e si accomodò poi nella bellissima Parigi.

Gli dico anche: ecco, se devo fare un paragone, per la sua arroganza e violenza, per il disprezzo dell’avversario e per il fanatismo, Negri mi fa pensare alla vostra Rivoluzione Culturale: che fu ribellione contro la burocrazia, ma presa dal lato sbagliato (eufemismo).

Ou Ning (che come tanti nel mondo lesse Impero, bigino e instant book no global del professore, che mettendo in fila buoni pensieri elaborati da altri migliori di lui si vide così moltiplicata d’acchito la quota di mercato), mi capisce: certo, dice, prima di scrivere del presente, avrebbe dovuto “chiedere scusa per il passato” (locuzione che immagino sia una traduzione abborracciata nel suo inglese scarso del “fare autocritica” in cinese).

Perché la ribellione che cerca Ou Ning è sicuramente differente. La sua Chutzpah (qui c’è anche una sua buona biografia) è una rivista di letteratura pura, nonostante il nome (parola che in yiddish significa “insolente”, o “faccia tosta”, e che lui riproduce senza però una particolare vocazione alla storia dell’ebraismo: lo fa così, gli piace il termine).

Intende portare all’attenzione del pubblico (in parte internazionale perché al suo interno l’inserto Peregrine traduce ogni volta tre o quattro racconti in inglese, dei trenta che Chutzpah presenta in cinese) la generazione di quarantenni, a suo dire schiacciati tra i più vecchi nomi noti dell’editoria internazionale (ad esempio Mo Yan, e poi a cascata Yu Hua, Yan Lianke, Su Tong, Bi Feyu) e la generazione del giovanissimi, mezza sesso e rock and roll, mezza blog (tra parentesi, Ou Ning mi parla malissimo di Han Han, che secondo lui è una versione edulcorata del potere, un ribelle di facciata, e quando invece gli chiedono chi sia il migliore scrittore cinese contemporaneo dice senza esitazione: Zhu Wen! Come a dire: Metropoli d’Asia ha il meglio e il peggio).

La generazione che interessa a Ou Ning è quella nata nei primi settanta: la sua, che da giovanissima ha visto le timide aperture della censura nella seconda metà degli Ottanta, e si è poi schiantata contro la repressione di Piazza Tian an Men.

E questa generazione oggi osserva e rendiconta con favore ciò che si muove nel paese di mezzo, su tutte la ribellione di Wukan: una cittadina intera che scende in piazza contro la corruzione dei dirigenti di partito locali.

Ou Ning quindi, che è stato a Milano ospite del Festival del Cinema Africano, d’Asia e d’America Latina, cerca incontri con i ribelli d’Europa (da un punto di vista intellettuale, certo): a Roma andrà al Teatro Valle Occupato, a Parigi s’è detto, a Milano Stefano Boeri gli promette un incontro coi Wu Ming che però non si realizza. Dopo il rush milanese, purtroppo, parte in fretta per Londra (e chi incontrerà laggiù?).

Io passo quindi qualcuna delle mie giornate a ruminare, in ritardo: ma chi avrei potuto presentargli, io? Cosa avrei potuto dirgli? Come indirizzarlo su intellettuali, scrittori, artisti consci del fatto che le ribellioni e le rivoluzioni comportano sempre un pericolo: non solo l’eterogenesi dei fini, ma banalmente la costruzione di leaderships orrende (i miei conoscenti fine anni Settanta in Italia si dividono grosso modo in due gruppi: quelli che hanno sfiorato la criminalità politica e si sono adagiati su un proprio fallimento, e quelli che direttamente si impiegarono a Mediaset; schematizzzo, è ovvio: ma come si fa a fomentare una ribellione che in sé contenga i germi del meglio e non del peggio? This is the question). Discorso che vale per tutti i no Tav nostrani, e grillini, o chissà che.

Eppure lui, loro, gli elementi per starci attenti ce li hanno: appunto, la Rivoluzione Culturale, quando Mao diceva “la rivoluzione non è un pranzo di gala”, e il risultato furono orrori e vite spezzate, in cambio di nuovi equilibri negli apparati dirigenti (tipo: un Berlusconi al posto di un Andreotti, un Bossi al posto di un Almirante o di un Toni Negri, magari un Di Pietro al posto di un D’Alema, e chissà cosa ci riserva l’oggi). Ou Ning, vorrei dirgli: perchè il rappresentante dei ribelli in Cina è stato Bo Xilai (oggi silurato), che dichiarava di rifarsi all’ortodossia maoista?

E di nuovo: chi gli faccio leggere? Chi gli faccio incontrare? Un manciata di nomi: Colin Ward, ma crederete mica che basti. E a Roma avrebbe potuto incontrare Pascale, Piccolo, quelli de Lo Straniero, forse. E sopratutto: io chi incontro? Chi si ribella sapendo nessuna Causa giustifica nessuna Schifezza, che le rivoluzioni non riguardano i fini, ma i mezzi? Ou Ning, questo potrebbe essere il vostro ruolo: prevedere e precedere la degenerazione dei movimenti, mettere in guardia fin d’ora.

Ma ora: pausa. Questo post poteva avere un altro incipit. Avrei scritto:

Ou Ning, a Pechino, una sera a cena mi racconta dei suoi anni ottanta. “Eravamo giovanissimi, e allora chi poteva viaggiare in Cina era fortunato. Se arrivava a Pechino qualcuno da Nanjing, passavamo le nottate a parlare di filosofia, di letteratura. Bevevamo. Alla fine ci conoscevamo tutti, poche centinaia di ragazzi usciti dalle università, ci sembrava che il futuro fosse a un passo. Il primo Deng Tsiao Ping aveva aperto il nostro paese: improvvisamente si discuteva senza paura.” Mi dice: si fumava tantissimo.

Quando provo a domandargli di Piazza Tian an Men, come al solito svicola. Fa finta di non sentire la domanda: l’ho capito, puoi essere ovunque, Pechino, Milano, o Singapore, puoi essere davanti a un pubblico con un microfono in mano o davanti a una salsiccia, io, lui, e la sua fidanzata, ma è sempre la stessa cosa: di quello non si parla. Criticare la Rivoluzione Culturale è possibile, e il potere, la corruzione, i singoli leader di partito, o la manutenzione ferroviaria e la distruzione dei generi alimentari. Ma silenzio sulle three T (Tian an Men, Tibet, Taiwan) one F (Falun Gong). E quando gli chiedo di Wukan, della rivolta di una cittadina intera, lui svicola: e, appunto, si finisce su Bo Xilai.

Insomma, ribelli con il limite: ribelli davvero.

Bello: questo sì un ponte tra l’Occidente e l’Oriente, loro e noi alle prese con una rivolta, e con la necessità di farle partire con il piede giusto, ciascuno con un passato che di riferimenti è pieno.

PS: Berardinelli sul domenicale del Sole24 la settimana scorsa, dentro a un articolo fortemente condivisibile, scriveva: in occidente oggi avremmo bisogno di un Lenin, o forse di un Ghandi. Hmm…: ma non dovremmo cercarci di meglio, noi e i cinesi?

PPS: con Ou Ning ci siamo dati appuntamento il più presto possibile, a Pechino. Sperando di trovarlo libero e non blindato…

E domani a Londra!

Foto: Alessandra Vinci

 

 

L’agenda di Metropoli d’Asia

Ci rendiamo sempre più conto che la letteratura e la cultura si nutrono anche di eventi, e qui tra notizie, viaggi, Twitter e cose varie ce ne capitano per le mani molti. Allora, può essere interessante cercare di fare un po’ d’ordine nel settore.

Forse avrete notato che qui in alto è comparso un nuovo pulsante chiamato “Eventi”. Cliccandoci si accede a una lista in continuo aggiornamento di eventi letterari e non che riteniamo interessanti, e passandoci sopra con il mouse si apre un menu per filtrarli per stato.

L’obiettivo, modesto, è quello di diventare piano piano un punto di riferimento mondiale per i territori di nostra competenza, ma già che ci siamo anche per l’Italia. Sono ovviamente ben gradite le segnalazioni, che potete inviare all’indirizzo info [at] metropolidasia.it.

Due artisti indiani a Ferrara

Amruta Patil, autrice del nostro Nel Cuore di Smog City, e Sarnath Banerjee, noto graphic novelist indiano, insieme sul palco della Sala Estense a Ferrara, nel contesto del Festival di Internazionale.

Due personalità agli antipodi: maglietta e calzoncini corti per Banerjee, che sembrava determinato a offrire di sé una immagine da artista underground: mi ha detto «Io sono un cattivo ragazzo, e questo fa di me un artista. Devo stare sempre sulla corda, se cominciassi a sentirmi troppo tranquillo rischierei di trasformarmi in un bravo ragazzo…». E sul fumetto in generale: «Ero più interessato a questa forma di espressione qualche anno fa, quando aveva ancora un’aura da arte underground. Ora mi sembra diventato una roba di culto, e a me il cult non interessa».

In realtà sul palco ci ha poi voluto raccontare come dal suo punto di vista il fumetto (disegno, scrittura, spazio, narrazione) è lo strumento perfetto nel quale raccontare ciò che ha in testa.

Amruta Patil, lunghi capelli neri attorno a un ovale gentile, indossava un lungo vestito colorato, sul viola. E raccontava se stessa non come una graphic novelist, ma come una scrittrice e disegnatrice. Colpisce lo scarto tra la Kari protagonista del suo racconto – capelli corti, un’arietta da ragazza punk europea, lo sguardo aggressivo, e Amruta ha sempre dichiarato che in Kari c’era qualcosa di sé – e la Amruta Patil di oggi, romantica e aggraziata, a volte timida.

La spiegazione sta nelle sue parole intorno a Parva, il racconto a immagini tratto da un brano del Mahābhārata al quale sta lavorando da anni: «Il Mahābhārata – ha detto – non è un epica religiosa o solamente storica. È un libro che parla del comportamento delle persone, del loro modo di vestirsi e fare all’amore, di ciò che è giusto o sbagliato nel relazionarsi con gli altri». Amruta è giusta, dolcissima, forse risolta dopo il successo del suo primo racconto con immagini.

Gran ressa attorno a lei, le copie del suo libro sparite in un fiato e da lei sigliate con disegni originali per ciascun lettore.

Amruta Patil in Italia

Alcuni appuntamenti nei quali sarà possibile incontrare Amruta Patil. Il primo è domenica 2 ottobre alle 11,30 a Ferrara, all’interno del Festival di Internazionale. Con lei il disegnatore indiano Sarnath Banerjee e il belga Denis Deprez, e la moderazione dello storico e critico dell’immagine Ferruccio Giromini. Chiaramente consiglamo anche di dare un’occhiata più generale al programma del festival, come sempre ricchissimo di spunti interessanti.

Il mini-tour prosegue il 5 ottobre, alle 18, con una presentazione a Firenze della graphic novel Nel cuore di Smog City, nello spazio culturale Ganzo in via dei Macci 85r. Introduce l’evento Cinzia Zanfini.

In più, una piccola anticipazione dell’Asiatica Film Mediale, festival del cinema asiatico di Roma che presenterà tra poco il suo programma: Amruta Patil interverrà il 20 ottobre nella sezione Asia di Carta, di nuovo con Sarnath Banerjee.

Nel cuore di Smog City, di Amruta Patil

cravenho-jerome@mailxu.com kagle.gwendolyn@mailxu.com torrence.lyn@mailxu.com marettrosaura@mailxu.com