Il cielo del mattino era coperto. Ammassi di nuvole increspate e gonfie, che più di ogni altra cosa ricordavano campi su campi di grigi topi morti, incombevano bassi sull’orizzonte. Una giornata grigio topo. Di solito, al vicecommissario Wong Cheung Fai le giornate grigio topo piacevano, con il sole velato e l’aria fresca sulla pelle. Ma quella volta no.
Si era messo a correre mentre attraversava il prato verso la piscina e si fermò scivolando vicino a una sdraio, guardando il corpo della ragazza che galleggiava a faccia in giù dentro la piscina. Era nuda, probabilmente dell’Asia orientale a giudicare dalla tonalità della pelle, con i lunghi capelli neri allargati come una coda di pavone lungo la schiena. Ben fatta, anche, osservò, senza completo distacco professionale: il busto snello, le gambe lunghe e toniche. In piedi doveva essere stata almeno un metro e settantacinque, alta e flessuosa. Così diversa dalla compattezza bassa e nervosa di sua moglie; eppure nel corpo della ragazza c’era qualcosa di stranamente familiare, che però non riuscì a individuare immediatamente. Sulla spalla sinistra si avvolgeva il piccolo tatuaggio iridescente di una libellula. Galleggiava dolcemente, poco al di sotto del pelo dell’acqua; sembrava quasi che dormisse.
Un venticello leggero agitò la superficie della piscina e i capelli della ragazza si mossero; per un attimo sembrò quasi che stesse per rialzare la testa e uscire dall’acqua e Cheung Fai sentì qualcuno trasalire – lui stesso – prima di rendersi conto che era solo un effetto del vento.
Da La ragazza del karaoke, di Claire Tham
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Da La ragazza del karaoke, di Claire Tham
«Non so cantare», mente Ling, anche se in realtà ha una voce cristallina e intonata.
«Ma certo che sì», risponde la donna, imperturbabile.
«In un….».
«Lounge bar. A Singapore».
«A Singapore?» ripete Ling, sbalordita. Non è mai uscita dalla Cina. È stata una volta a Pechino e a Macao e due a Shanghai. È come se la donna le avesse offerto di volare fin sulla luna.
«Ti pagherò. Molto più di quanto guadagni adesso, questo è certo. Che lavoro fai?»
«Assistente di laboratorio».
«Con il tuo aspetto… in un laboratorio sei sprecata».
«È un buon posto».
«Ma non ti basta».
«E lei come lo sa?»
«Conosco le ragazze come te».
«Ah sì?»
«Tu vuoi di più».
«Non sono uno stereotipo».
La signora Fung la guarda per un istante. «Mai detto che lo fossi».
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Una geografia della letteratura asiatica
Feedbooks ha realizzato una mappa interattiva sull’Asia e la sua geografia letteraria, segnalando anche alcuni titoli di Metropoli d’Asia per quanto riguarda Corea del Sud, Malesia e Singapore. Nell’articolo viene anche riproposta un’intervista ad Andrea Berrini realizzata due anni fa.
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Da La ragazza del karaoke, di Claire Tham
«È stato fantastico», dice con voce lenta, impastata di sonno. «Sei stata grandiosa».
Alle sei del mattino, nudo, il suo corpo mostra la sua età, con qualche rotolo intorno alla vita. Gli occhi sono cerchiati di nero. Q prende i pantaloni, estrae il portafoglio e tira fuori un rotolo di banconote.
«Quanto ti devo… Fa niente, prendili tutti».
Ling guarda la sua mano tesa, incredula. «Non voglio i tuoi soldi».
Q resta incredulo a sua volta. «È perché no, che diavolo?»
Lei gli volta le spalle e si avvia verso la porta. Dietro di sé lo sente esclamare: «Ma che c…? Non mi pianti in asso così….». Salta giù dal letto, con il lenzuolo intorno ai fianchi, e la segue in corridoio, urlando: «Non sono alla tua altezza?».
Le scaglia dietro le banconote e richiude la porta, sbattendola.
Ling appoggia la fronte alla parete del corridoio, e ride: Dai, dice alla vocina censoria che ha nella testa, devi ammettere che in un certo senso è divertente. Una cameriera di mezza età la supera spingendo un carrello e le rivolge uno sguardo sospettoso. Ling torna seria; tanto per cominciare, gli incipienti postumi della sbronza fanno sì che ogni risata le provochi ondate di mal di testa tipo tsunami. La cameriera, nascosta dagli spazzoloni, non ha visto il denaro sparpagliato per terra. Ling guarda le banconote e pensa: Perché no? Tanto le troverà qualcun altro e le raccoglierà, esultando per tanta fortuna. Quell’idea le arriva mista a una punta di disprezzo per se stessa, e per Q. Chiude gli occhi, fa un bel respiro. Intasca i soldi.
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Da La ragazza del karaoke, di Claire Tham
Qualche sera dopo, durante le sue peregrinazioni per la città, si ritrova davanti al Golden Palace Hotel, a osservare un corteo di auto di lusso superare il cancello d’ingresso. Sta per girarsi e andarsene, quando un uomo che ha appena affidato la sua coupè nera al parcheggiatore incrocia il suo sguardo e dopo un brevissimo attimo di esitazione, le si avvicina. La invita a bere qualcosa al bar dell’albergo.
Lei risponde: «Non sono vestita nel modo giusto». Indossa le solite cose che mette dopo il lavoro: jeans e un giubbotto di pelle nera liso e da pochi soldi.
Lui si mette a ridere e le dice che sta benissimo. Lei lo osserva, valutandolo. Deve aver passato i quaranta, che a lei sembrano tantissimi, ma è alto e in forma per la sua età, e tutto il suo aspetto parla di un uomo a suo agio con il denaro e se stesso, una cosa che a Mister Stufato mancava clamorosamente. Non c’è niente che la aspetta, a parte il suo minuscolo appartamento in affitto, il signor He e Celestino. Ling pensa all’acqua che sale verso il ghiaccio, che cerca le crepe, sgocciola e filtra senza sosta fino a diventare un torrente, mentre il ghiaccio si spezza e sprofonda in mare. La voce di Jiang nelle orecchie: Brutta troia. La rabbia che era rimasta lontana per giorni ora la stringe nelle sue grinfie. Accetta.
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Da La ragazza del karaoke, di Claire Tham
Prima di arrivare in questa città, non sapeva bene cosa aspettarsi. Forse nutriva una speranza ingenua che la città le cadesse ai piedi, spalancandosi come uno scrigno di gioielli e lasciando rotolare fuori tutti i suoi tesori, mentre resta ostinatamente e impenetrabilmente chiusa di fronte a lei. Le lunghe ore in laboratorio le lasciano poche occasioni per socializzare; la cosa più simile a un amico che abbia è il signor He.
Il suo anonimato in città è al tempo stesso liberatorio e demoralizzante. Alla sera, dopo il lavoro, ha preso l’abitudine di girare per la città, guardare le vetrine, osservare le persone, contemplare la vita delle strade come se fosse un suo diorama privato. La città non è una delle grandi metropoli, non ancora, almeno; è una arrivista sfacciata, che abbatte e ricostruisce tutto quanto c’è in vista, freneticamente, l’aria stessa elettrizzata e carica di promesse sfuggenti, come doveva essere stata New York agli albori del ventesimo secolo, una città pulsante avviata verso un’ambizione di grandezza. In città, Ling coglie qualche ombra, qualche indizio di una vita che per lei rasenta la fantasia, tanto è distante dal mondo in cui abita. Intorno alla circonvallazione principale della città c’è un agglomerato di alberghi a cinque stelle. La sera un flusso ininterrotto di auto di lusso scarica uomini in completi su misura e donne che indossano abiti luccicanti con varie gradazioni di trasparenze. Lei osserva soprattutto le donne, il modo in cui emergono dai veicoli, un tacco a spillo alla volta, sondando esitanti il terreno prima di allontanarsi volteggiando in una nuvola di seta o jacquard e di un profumo così intenso da permetterle di sentirlo anche a quella distanza. Le guarda e pensa: Potrei essere io, quella.
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Da La ragazza del karaoke, di Claire Tham
Si sentono stridere i freni. Insieme al resto dei passeggeri, Ling viene scaraventata in avanti e piomba su una donna tracagnotta che puzza di cipolle. L’autobus si è scontrato con una monovolume. I due autisti saltano giù dal proprio mezzo per affrontarsi in mezzo all’incrocio; intorno a loro, il traffico si blocca in un perfetto ingorgo cittadino. Dall’altro capo della via, un poliziotto corre verso l’origine di quel trambusto, soffiando come un matto nel fischietto. I passeggeri dell’autobus sciamano fuori dal mezzo.
Per un po’ non ne arriverà un altro. Se cammina molto svelta, calcola Ling, potrebbe arrivare al laboratorio in un quarto d’ora. Si avvia, quasi correndo, poi si blocca. Sopra di lei, un’insegna dice «Negozio di animali»; dev’esserci passata davanti ogni giorno con l’autobus, andando al lavoro, senza mai notarla. Dà un’occhiata all’orologio, ma l’attrazione della casualità è troppo forte. Entra nel negozio dall’interno poco allettante.
Qualche minuto dopo, esce con una gabbietta che contiene un pappagallo, identico, a parte il colore, a Rossino. Non osa immaginare cosa dirà il capo del laboratorio quando la vedrà finalmente arrivare al lavoro tutta allegra, facendo dondolare Celestino, perciò non ci prova nemmeno. Liberato dal confino del negozio di animali, Celestino guarda le strade della città con gli occhietti lucidi e gracchia cose incomprensibili. Celestino, le ha garantito il proprietario del negozio, ha fatto tutto il viaggio fin lì dall’Africa, e ha citato un paese che lei non ha mai sentito nominare.
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Claire Tham e Kim Young-ha sul blog di Lorenzo Mazzoni
Nel suo blog ospitato all’interno del sito de Il Fatto Quotidiano, Lorenzo Mazzoni ha parlato di Claire Tham, autrice di La ragazza del karaoke, e di Kim Young-ha, autore di Memorie di un assassino, nonché di Ho il diritto di distruggermi e L’impero delle luci. Nel post ci si sofferma in particolare sulla trama e la struttura dei due romanzi.
La ragazza del karaoke, di Claire Tham (traduzione di Giovanni Garbellini), forse il romanzo più bello che abbia letto nei primi mesi di quest’anno, narra del ritrovamento del corpo di una ragazza cinese, Ling, annegata in una piscina di un complesso residenziale all’Intlet, zona esclusiva per super ricchi di Singapore. Le accuse cadono su Jasper Gan, rampollo ribelle, nipote di Willy, immobiliarista senza scrupoli. Ma non tutto è come sembra e attraverso una trama avvincente, che mette in campo un’indimenticabile affresco di personaggi, l’autrice conclude il romanzo in modo inaspettato.
Memorie di un assassino, di Kim Young-ha (traduzione di Andrea De Benedittis), è un romanzo breve con un intreccio originale, capace di sorprendere il lettore fino alla fine. Cupa, opprimente,metafora della realtà coreana, la scrittura di Kim Young-ha (di cui mi sono già occupato in passato), ci porta a seguire le gesta del vecchioKim Pyongsu, un tempo spietatoseriar killer che a seguito di un’operazione al cervello, conseguenza di un incidente di macchina, è costretto a smettere di uccidere.
(continua a leggere sul blog di Lorenzo Mazzoni)
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Da La ragazza del karaoke, di Claire Tham
Si erano conosciuti all’università, in una cittadina anonima, non tanto grande, ma che a Ling era sembrata incredibilmente estesa nei primi mesi di lontananza dal suo villaggio (popolazione: 1000 abitanti). Nella scuola rurale che aveva frequentato, in cui era stata tra i migliori, c’erano pochi concorrenti per il posto di cocca del preside e prima della classe. All’università – perfino in quel college funzionale e mediocre di cui si era accontentata perché le spese erano coperte da una borsa di studio e non era troppo lontana da casa – si era ritrovata a essere una dei tanti studenti altrettanto ambiziosi, venuti come lei dalla campagna. Per la prima volta nella sua vita, la sicurezza che l’aveva tenuta a galla fino a quel momento era venuta dolorosamente a mancare; poiché si sentiva depressa e instabile, il carattere solido e pacato di Jiang le era parso proprio quello che desiderava. La laurea aveva creato la prima vera separazione tra loro – Jiang era riuscito solo a trovare un posto in un laboratorio di ricerca di una provincia del sud, a un giorno di treno di distanza – e la separazione aveva causato un cambiamento di prospettiva.
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Claire Tham su Rai1
All’interno di un reportage su Singapore del programma Quanto Basta, Natascha Lusenti ha incontrato l’autrice di La ragazza del karaoke, Claire Tham. Con l’occasione si è parlato soprattutto di Singapore, con le sue opportunità di paese giovane e dinamico ma anche le sue difficoltà, in particolar modo per il costo della vita, il clima e la libertà di espressione, come ci ricorda la stessa autrice. La parte con Claire Tham inizia al minuto 11:45.
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