In un articolo su Lettera Donna sul ruolo della donna in Cina, l’autrice ha ascoltato il parere di Andrea Berrini. Nel colloquio si prendono come punto di riferimento le classi sociali, notando come specie nelle zone rurali vivano spesso in una condizione di oppressione e inferiorità, seppure nelle città si può assistere a situazioni nelle quali le donne di ceto medio-alto ricoprono posizioni manageriali assolutamente paritarie rispetto a quelle degli uomini.
La Cina è un Paese che ha due anime. Me ne sono accorta subito, quando ho cominciato a muovermi per il centro di Pechino. Da una parte alberghi e centri direzionali ipermoderni si protendono verso il cielo con la fiumana di uomini e donne d’affari che li attraversano, gettando un’ombra sugli hutong, i quartieri storici. Camminarci in mezzo, da sola, è stato suggestivo. Dall’altra parte, invece, i muri sono scrostati, i panni stesi sventolano ma spesso sono solo dei cenci, le donne stanno sedute sull’uscio e non alzano lo sguardo quando passi, un po’ per timidezza, un po’ perché sono indaffarate. La mia prima impressione arrivando in questo Paese è stata che un mondo antico continui il suo corso, indifferente al fatto che intorno le cose cambiano.
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