• Chi siamo

    La casa editrice di Andrea Berrini, scrittore e saggista. L’obiettivo: scoprire e tradurre narratori contemporanei asiatici che propongono scritture innovative.
  • Libri

  • Parlano di noi

    • Da Il giardino delle delizie terrene, di Indrajit Hazra
    • E adesso? su Bnews (Università Bicocca)
    • Da L’uomo tigre, di Eka Kurniawan
    • A Yi e Chan Ho Kei su Alias
  • Autori

Tutti i post su citazioni

Da Cortina di pioggia, di Tew Bunnag

Per pigrizia non mi sono preoccupato di rifornirmi di generi di prima necessità. Quando la ragazza dietro il bancone del 7-Eleven mi ha informato con grande allegria che avevano scorte sufficienti per un anno, ho deciso che non c’era nessuna fretta di prendere precauzioni. Ma pochi giorni prima che le dighe a nord di Bangkok cedessero, un pomeriggio i miei vicini Mae Lien e Nai Pot hanno insistito per trascinarmi fuori con loro, appena in tempo prima che iniziassero le lunghe code e tutti i negozi chiudessero per mancanza di scorte. Mi hanno fatto acquistare una bombola di gas e una grossa confezione di riso, oltre a cibo in scatola, fiammiferi, candele e acqua in quantità sufficiente per varie settimane. Abbiamo accatastato le nostre provviste nel bagagliaio del loro furgone e quando siamo tornati abbiamo trasportato a fatica i sacchetti in cima alle scale. Quel giorno l’atmosfera nel quartiere era ancora festosa: lotte sguazzanti nell’acqua e tante risate, ragazzi che usavano come tavole da surf assi di scarto trovate nel deposito dei container. Il divertimento e i giochi sono cessati quando l’acqua ci è arrivata all’altezza della vita e cani e gatti randagi hanno cominciato a cercare un posto all’asciutto. Sono grato ai miei vicini per la loro premura e la loro lungimiranza. Sono stati la mia salvezza, insieme alla riserva di alcolici che ho cominciato a razionare appena le strade si sono trasformate in fiumi.

Da Cortina di pioggia, di Tew Bunnag

Acquista qui il libro

Acquista qui l’ebook

Da Le donne di Saman, di Ayu Utami

Da quel momento decidemmo di non incontrarci mai più. Desideravo continuamente di telefonargli. Come si sente? Com’è la sua faccia? Ancora dopo due o tre mesi, ogni volta che squillava il telefono, a casa o in ufficio, speravo che fosse lui. Il quarto mese realizzai che si stava volutamente tenendo a distanza. Chissà per quale motivo. Forse voleva proteggere i sentimenti di sua moglie. Forse proteggeva i suoi. Una volta aveva detto che vedermi gli avrebbe solo provocato dei dolori lancinanti, in quanto in quegli incontri era nascosto qualcosa di cui doveva a tutti i costi liberarsi. Forse era solo desiderio. «Una volta che sei sposato, la realtà è questa». Forse anch’io avrei dovuto proteggere i sentimenti di sua moglie, o i suoi. Io, dopotutto, non ero sposata, quindi non avevo bisogno di rinunciare. Però lui mi mancava così tanto. Ma chi tra noi doveva valutare i nostri sentimenti? Alla fine ero io che me ne dovevo sobbarcare il peso. Perché non ero ancora sposata. Perché ero l’ultima arrivata. Tre anni prima.

Da Le donne di Saman, di Ayu Utami

Acquista qui il libro

Da La ragazza del karaoke, di Claire Tham

Si erano conosciuti all’università, in una cittadina anonima, non tanto grande, ma che a Ling era sembrata incredibilmente estesa nei primi mesi di lontananza dal suo villaggio (popolazione: 1000 abitanti). Nella scuola rurale che aveva frequentato, in cui era stata tra i migliori, c’erano pochi concorrenti per il posto di cocca del preside e prima della classe. All’università – perfino in quel college funzionale e mediocre di cui si era accontentata perché le spese erano coperte da una borsa di studio e non era troppo lontana da casa – si era ritrovata a essere una dei tanti studenti altrettanto ambiziosi, venuti come lei dalla campagna. Per la prima volta nella sua vita, la sicurezza che l’aveva tenuta a galla fino a quel momento era venuta dolorosamente a mancare; poiché si sentiva depressa e instabile, il carattere solido e pacato di Jiang le era parso proprio quello che desiderava. La laurea aveva creato la prima vera separazione tra loro – Jiang era riuscito solo a trovare un posto in un laboratorio di ricerca di una provincia del sud, a un giorno di treno di distanza – e la separazione aveva causato un cambiamento di prospettiva.

Da La ragazza del karaoke, di Claire Tham

Acquista qui il libro

Acquista qui l’ebook

Da dollari la mia passione, di Zhu Wen

«Battutine su di me, vero? Vi ho sentiti!».
No, no, si affretta a ribattere mio padre spostando il sedere verso il muro, perché lei gli si è seduta praticamente in braccio. Io intanto prendo un bicchiere dal tavolo vicino e ne riempio di birra una buona metà.
«Il mio capo ha appena cantato le tue lodi, non puoi non bere un bicchiere con lui».
«Davvero?». Senza farsi minimamente pregare, alza il bicchiere e brinda con mio padre, che però si mantiene piuttosto sulle sue. Dal suo sguardo mi rendo conto che non riesce ancora a vederla come una donna da portare a letto, ma che probabilmente la considera come una delle compagne di scuola di sua figlia.
«Certo che è vero! Ha detto che sei molto bella, signorina, e che vorrebbe invitarti a ballare stasera».
«Davvero?», ripete lei, guardando prima me e poi mio padre.
«Di dove sei?», chiede inaspettatamente lui.
«Dell’Anhui».
«Lo conosco bene, l’Anhui. Di che parte dell’Anhui?»
«Perché vuol saperlo? Di Chaohu, comunque».
«Chaohu, ci sono stato! Di che zona di Chaohu?».
Non ho idea di che cosa abbia in mente mio padre con quelle domande idiote, perciò lo interrompo.
«Allora cosa ne pensi? Sei libera stasera? Passo a prenderti io, per conto del mio capo».
«Per far che?»
«Per far che? Davvero non ci arrivi o fai solo finta? Per passare la serata».

Da Dollari la mia passione, di Zhu Wen

Acquista qui il libro

Acquista qui l’ebook

Da Ho il diritto di distruggermi, di Kim Young-ha

Ad ogni modo, se i potenziali clienti reagiscono alle mie provocazioni, la telefonata si allunga. Loro provano un piacevole senso di sollievo. Quando penso sia arrivato il momento opportuno, insinuo nella conversazione domande a bruciapelo come: «Se tuo padre si comporta così, perché non lo uccidi?». Se il mio interlocutore si scandalizza, ritiro tutto e fingo che si sia trattato di una battuta. Se invece non riattacca, significa che tutto sommato non disdegna la mia soluzione. Sia chiaro: non intendo istigare nessuno a commettere un omicidio; questa provocazione è solo un test che mi permette di giudicare se le intenzioni di quella persona fanno al caso mio. Non sono alla ricerca di potenziali assassini. Il mio obiettivo invece è riesumare i desideri che gli individui hanno inconsapevolmente sepolto in un luogo nascosto della loro anima. Una volta fatti emergere, quei desideri cominciano ad autoalimentarsi. L’immaginazione spicca il volo e alla fine le persone scoprono da sole di avere le carte in regola per poter diventare mie clienti.

Da Ho il diritto di distruggermi, di Kim Young-ha

Acquista qui il libro

Acquista qui l’ebook

Da Le torri del silenzio, di Cyrus Mistry

Sono cresciuto non lontano da qui. Quand’ero ancora bambino, può darsi che i miei mi ci abbiano portato ad assistere a un funerale o due, ma solo molto più tardi ho cominciato a considerarlo il mio giardino, il mio bosco privato: un luogo incantato in cui ero libero di scorrazzare, di meravigliarmi a mio piacimento delle forme, degli odori e dei colori della natura, degli alberi, degli uccelli e dei magnifici cespugli, oltre che della distesa selvaggia delle rocce. Vicino alla sommità della collina dominano le torri tozze – tre –, con le fauci spalancate verso il cielo per permettere ai rapaci di scendere e pasteggiare a volontà, per poi levarsi di nuovo in volo indisturbati. Pur circondato da una città che diventa ogni giorno più rumorosa e popolata, questo appezzamento di terreno è così esteso e nascosto che nessuna attività o sillaba pronunciata da voce umana scalfisce la sua atmosfera pacifica. Anche se la morte è la ragione ultima della sua esistenza, in questo giardino la vita riporta una vittoria schiacciante.

Da Le torri del silenzio, di Cyrus Mistry

Acquista qui il libro

Acquista qui l’ebook

Da La somma delle nostre follie, di Shih-Li Kow

A Lubok Sayong ci sentimmo quasi tutti sollevati quando le orde di volontari fecero fagotto per tornare al loro tran-tran quotidiano nella capitale. Nonostante avessero portato beni di prima necessità graditi come cibo e altre provviste, la loro intensa energia in quei pochi giorni di volontariato risultò per lo più sgradita. Eravamo stanchi. «Stanchi fino al midollo», disse qualcuno. Dopo i primi giorni deliranti dell’alluvione, le emozioni ribollivano. Il dinamismo frenetico e le banalità benintenzionate di quei volontari riuscirono solo a provocare risentimento tra gli abitanti, che avevano già i nervi a fior di pelle. In verità molti di noi preferivano l’aiuto pigro della polizia e dei pompieri. Con loro condividevamo le attese silenziose e una paziente tolleranza dell’inefficienza. Il nostro legame di comune disgrazia era un punto di partenza da cui poteva nascere l’amicizia. Invece da quelle persone le cui ciotole di riso stavano altrove ricevevamo solo la compassione che nasce da eventi eccezionali. Per quanto inespressa, la consapevolezza che le loro difficoltà erano temporanee influenzava inevitabilmente la buona volontà di quei volontari in trasferta.

Da La somma delle nostre follie, di Shih-Li Kow

Acquista qui il libro

Acquista qui l’ebook

Da Il mo ragazzo, di R. Raj Rao

Si avviarono. Una volta usciti dalla stazione, mentre aspettavano il verde alle strisce pedonali, Yudi prese al ragazzo la mano. Era fredda, nonostante la calura. Le dita sottili, ossute. Scarne, sgradevoli da stringere. Il ragazzo non la ritrasse e lasciò che Yudi gliela tenesse finché gli pareva. Per Yudi stare mano nella mano era un preliminare piacevole. Ogni volta che abbordava qualcuno, dava inizio a questo rituale molto prima di arrivare a casa. Tuttavia la maggior parte degli uomini sfilava la mano dopo qualche minuto, dicendo: «Ci guardano». Al che lui replicava facendo notare che erano in India, mica in America; gli adulti si tenevano per mano in segno d’amicizia. Ma i suoi partner rimanevano scettici. Alcuni continuavano a lasciarlo fare, ma solo per educazione. Ora, mentre si dirigevano all’appartamento della madre, Yudi si chiedeva a quale categoria appartenesse il ragazzo. Era una questione di educazione, oppure gli andava veramente di essere tenuto per mano da lui? All’improvviso si rese conto di non aver domandato al ragazzo come si chiamasse.

Da Il mio ragazzo, di R. Raj Rao

Acquista qui il libro

Acquista qui l’ebook

Da Il giardino delle delizie terrene, di Indrajit Hazra

In quella mattinata in cui tutto ronzava, la gente e il neon, pensai di aver già visto una di quelle persone. L’unico problema era che aveva un trucco pesante e la parrucca, e indossava un sari. Nell’equivoca scenografia della luce tremolante e della sinfonia di corvi, avevo finito per decidere che era un uomo. A un certo punto notai che le quattro figure indossavano tutte dei sari – quelli sintetici, da due soldi, che le puttane mettono quando non devono far colpo. Erano ancora lì all’entrata a lanciare i loro sguardi un-due-tre quando pensai di mostrarmi interessato e chiedere se volevano fare una telefonata. Ma prima che potessi calarmi nella parte del commerciante cortese, due di quelle «signore» avanzarono verso di me. Lanciandomi un’occhiata, una di loro mi disse: «Faccio un’urbana». «Prego», risposi io con gentilezza, fingendo di non essere per niente incuriosito dal loro aspetto. Avevano la barba di qualche giorno, ma i peli sulle mani erano accuratamente pettinati. Eunuchi, ecco cos’erano. Ma prima di tutto erano clienti e se non si mettevano a battere le mani, sculettare, alzare la sottana e chiedere soldi, non mi davano alcun fastidio.

Da Il giardino delle delizie terrene, di Indrajit Hazra

Acquista qui il libro

Acquista qui l’ebook

Da Se non è amore vero allora è spazzatura, di Zhu Wen

Quella sensazione Xiao Ding la conosce bene, è proprio sudore da sfinimento: è come trovarsi in un incubo leggero ma senza uscita, dai pori non riesce a venir fuori nemmeno una goccia di sudore vero e proprio. Si fa forza e infila un paio di stradine, e solo quando si ritrova all’ingresso di un vicolo si decide a sedersi a un chiosco che vende spaghetti. Il chiosco è composto semplicemente da un tavolo smilzo appoggiato alla parete e coperto da un foglio di plastica bianca: accanto al tavolo, nella confusione più totale, sono sparsi quattro o cinque tra seggiole e sgabelli quadrati, una alta e l’altro basso, una grande e uno piccolo.

Da Se non è amore vero allora è spazzatura, di Zhu Wen

Acquista qui il libro

Acquista qui l’ebook

 

pannenbacker@mailxu.com tarantoobdulia@mailxu.com upmeyer-jeri@mailxu.com