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    La casa editrice di Andrea Berrini, scrittore e saggista. L’obiettivo: scoprire e tradurre narratori contemporanei asiatici che propongono scritture innovative.
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    • E adesso? su Bnews (Università Bicocca)
    • A Yi e Chan Ho Kei su Alias
    • Da Oggetti smarriti, di Liu Zhenyun
    • Da E adesso?, di A Yi
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Tutti i post su cina

E adesso? recensito dal sito Bookmarks are reader’s best friends

Il blog Bookmarks are reader’s best friends ha dedicato una recensione a E adesso?, avendo la curatrice del sito partecipato come volontaria a Incroci di civiltà, dove l’autore A Yi era presente per parlare del suo libro. Partendo dalla trama del romanzo viene lanciata qualche riflessione sui temi proposti dal libro.

Prendendo spunto da un fatto di cronaca A Yi si mette nei panni dell’omicida adolescente e racconta non tanto i motivi che lo portano ad uccidere brutalmente una sua compagna di classe e a metterne il cadavere nella lavatrice, ma piuttosto la sua preparazione, l’attuazione del crimine e la sua successiva fuga, inseguito dalla polizia. Una vera e propria caccia all’uomo che non può che concludersi con la cattura dell’assasino, ma lui potrà spiegarci il perché delle sue azioni?

(continua a leggere su Bookmarks are reader’s best friends)


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A Yi su il Giornale

Su il Giornale si può leggere una recensione dedicata a E adesso?, di A Yi, l’ultimo libro pubblicato da Metropoli d’Asia. Si parla soprattutto della trama, con alcune osservazioni sullo stile dell’autore.


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Da Le tre porte, di Han Han

Il padre di Lin Yuxiang selezionava le letture come se strappasse foglie a un cavolo, facendo piazza pulita della magnifi cente storia della letteratura cinese. Alla fi ne, racimolò alcune opere senza imperfezioni da far studiare a Lin Yuxiang che, nonostante il suo odio per il cinese classico, fu costretto a imparare a memoria roba come «Ciascuno stenta a sopportare delle cose, compierle è segno di benevolenza. Ciascuno tende a non volere fare delle cose, adempierle è segno di giustizia» o frasi un po’ più semplici, tipo: «Non c’è passato, non c’è presente, nessun inizio e nessuna fi ne». Dopo un anno e passa di studio, Lin Yuxiang sapeva a memoria centinaia di citazioni, possedeva in sostanza la stessa preparazione di un fi losofo, anche se gliene mancava la maturità. Quando aveva sette anni, andò a casa loro un amico del padre, un tizio che lavorava nella redazione di un giornale di Shanghai città. L’uomo si lamentò delle diffi coltà incontrate nel rinnovamento della testata e delle enormi preoccupazioni correlate all’operazione. A Lin Yuxiang scappò detta una citazione a casaccio: «Se temi il capo e temi la coda, cosa rimarrà?». Il redattore, a essere ammonito così da un bambino, con un riferimento tratto dallo Zuo zhuan, si ringalluzzì, sentendosi spronato a non perdersi più d’animo per delle quisquilie. Riempì Lin Yuxiang di complimenti e gli chiese su due piedi di scrivere una fi lastrocca per il giornale. Lin Yuxiang aveva la metà degli anni del poeta Wang Bo quando rivelò il proprio genio e, ovviamente, non ne era in grado. A otto anni Lin Yuxiang conosceva tanti caratteri quanti uno di prima media e le maestre lo trattavano da bambino prodigio, cosa che riempì di superbia il padre che smise di obbligarlo a studiare il cinese antico. Fu una liberazione per la sua fantasia, tanto che compose una poesia:
L’anatroccolo fa qua qua
Niente pappa niente nanna fa
Chissà perché ci si chiederà
I compiti fatti lui non ha
Quando suo padre la lesse andò in visibilio, defi nendola una poesia simbolista, e la spedì all’amico redattore perché la pubblicasse quanto prima.

Da Le tre porte, di Han Han

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Oggetti smarriti su Il Fatto Quotidiano

Sul blog di Lorenzo Mazzoni, ospitato da Il Fatto Quotidiano, si è parlato di Oggetti smarriti, di Liu Zhenyun. Partendo dalla trama, l’autore si sofferma soprattutto sulle caratteristiche dei personaggi e sullo scenario nel quale si muovono.

Un romanzo pirotecnico, una girandola di colpi di scena, un gigantesco gioco d’azzardo dove nessuno è quello che sembra e nel quale tutti i personaggi coinvolti non fanno altro che cercare di depistare gli altri per qualche tornaconto personale. Si tratta di Oggetti Smarriti, dello scrittore cinese Liu Zhenyun (pubblicato in Italia da Metropoli d’Asia, tradotto da Patrizia Liberati), un romanzo intriso di un sarcasmo feroce, dove i contrasti tra la grande metropoli, Pechino, e i suoi nuovi abitanti, gli emigrati delle zone rurali con il loro bagaglio di cultura antica, risultano uno scoglio gigantesco per la ricerca di una soluzione finale.

(continua a leggere sul blog di Lorenzo Mazzoni)

Da Verso Nord. unonoveottootto, di Han Han

Mi risveglio che è sera, apro la minuscola finestra ed entra una brezza leggera. Mi soffermo a guardare fuori: è un paesino anonimo con tetti di tegole grigie, la strada è fatta di negozietti con brutte insegne e un viavai di camionisti in cerca di un posto per mangiare. Davanti all’albergo si ferma un camion vuoto; accanto c’è un bambino che gioca con la palla. Un treno corre lungo la ferrovia, che sarà a cento metri da qui, conto i vagoni: ventitré. Contare i vagoni è un gran bel passatempo; l’unica pecca è che non c’è modo di fare la verifica. Ma che importa, almeno si trascorre il dannato tempo totalmente concentrati, senza pensieri. Anche il bambino di sotto li ha contati. Dopo l’ultimo si gira verso il padre per dirgli: «Papà, erano ventiquattro».
L’uomo non gli dà retta, intento com’è ad aiutare il camion nelle manovre.

Da Verso Nord. unonoveottootto, di Han Han

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Un estratto di E adesso? letto su Radio Gazzarra

La trasmissione Libro su libro di Radio Gazzarra si è dedicata a E adesso?, l’ultimo romanzo di Metropoli d’Asia dell’autore A Yi, leggendone un estratto.

Le due parti in cui si parla del libro iniziano al minuto 51:45, e si possono ascoltare da qui.


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Da Oggetti smarriti, di Liu Zhenyun

Al cantiere sapevano tutti che Liu Yuejin era un furfante. I borseggiatori agiscono per strada, i ladri nelle case, mentre il suo territorio era il cantiere. Lui però non prendeva rotoli di vergella, cavi elettrici o giunti per i ponteggi, faceva il cuoco e quindi rubava in mensa. Non proprio all’interno della mensa, bensì al mercato. Ogni giorno si alzava di buon’ora per andare a fare la spesa. Erba cipollina, rape, cavoli, patate, carne e cipolle avevano i prezzi esposti ma, in un cantiere di centinaia di persone, si compravano quantità enormi e si poteva trattare sulle cifre. Cinque centesimi per mezzo chilo, quando si tratta di decine di chili diventano qualche yuan e, se uno compra sempre dallo stesso banco, può ricavarci anche qualcosa in più. Poi c’era la carne: filetto, pancetta o capocollo hanno prezzi diversi. Nel cantiere si diceva che a tutti gli operai era venuto il collo taurino a forza di mangiare i tagli scadenti rifilati da Liu Yuejin. Per dare del ladro a uno, tuttavia, bisogna prenderlo in flagrante: lui non si faceva beccare, quindi non era un ladro. Erano tutti furiosi non a causa dei furti, ma perché non riuscivano a coglierlo sul fatto. Il capomastro Ren Baoliang diceva: «Pensavo che i furfanti fossero quelli che riesci ad acchiappare, invece il più furfante di tutti è quello che riesce a farla franca».

Da Oggetti smarriti, di Liu Zhenyun

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A Yi sul Beijing Youth Journal

Il Beijing Youth Journal ha parlato di A Yi e del suo recente tour in Italia per presentare E adesso?, l’ultimo romanzo pubblicato da Metropoli d’Asia, mostrando anche la copertina italiana.

 


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Da La Cina sono io, di Xiaolu Guo

In una stanza grigia e quasi vuota, illuminata da un tubo bianco fluorescente, Jian sta scrivendo alla sede centrale una lettera seria riguardante il suo futuro.
Mentre scrive e riscrive le frasi, immagina un funzionario dell’immigrazione al Quartier generale del Controllo delle frontiere che apre pacchi di lettere. Probabilmente, quel funzionario stanco e usurato dalla routine darà semplicemente un’occhiata alla nazionalità del richiedente e all’indirizzo di ogni lettera, poi le butterà in un secondo mucchio di documenti che porterà a un altro funzionario dell’immigrazione; poi un altro funzionario in un altro ufficio aprirà quelle lettere, le leggerà ancora e le metterà in un altro mucchio, poi quel funzionario porterà i documenti a un altro funzionario… come un pazzo che sale a carponi una scala di Escher, incapace di raggiungere la cima.
Jian torna a sedersi e guarda i suoi compagni di stanza nella sua seconda scatola grigio-bianca in quello strano Paese. Durante il giorno il chiacchiericcio dei guardiani e il silenzio annoiato dei rifugiati nel Centro si differenziano poco dai quieti mormorii delle infermiere e dal torpore dei pazienti nel Lincolnshire. La situazione non è cambiata molto. In confronto perfino la sua umida cella di Pechino sembrava viva e pulsante. Mentre cerca di mettere le parole su carta, sforzandosi di ricordare la giusta sintassi inglese, sente in testa un rumore intermittente, quasi meccanico. È una sensazione penosamente familiare – gli ricorda quando al suo ultimo concerto è stato colpito da un manganello elettrico. Il suo corpo si indolenzisce, la penna gli si blocca tra le mani. Adesso quel suono intermittente spezza la quiete che aveva intorno e vede la casa della sua infanzia – una casa circondata da acacie, nascosta in un vicolo nei pressi del lago di Houhai nel centro di Pechino.

Da La Cina sono io, di Xiaolu Guo

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Da 20 frammenti di gioventù vorace, di Xiaolu Guo

La mia gioventù è iniziata a ventun anni. O per meglio dire l’ho fatta iniziare io in quel momento, ossia quando ho cominciato a pensare possibili anche per me tutte le classiche cose luccicanti della vita – e se non proprio tutte, almeno qualcuna.
Se pensate che ventun anni sia un po’ tardino come inizio di gioventù, be’, vi basti pensare alla gran parte degli insulsi contadini cinesi, i quali passano dall’infanzia dritti alla mezza età. Casomai mi fossi persa qualcosa, sarebbe stata la mezza età. Il mio piano era: o giovane o sotto terra.
Comunque, a ventun anni la mia vita è cambiata compilando una scheda per comparse. Prima ero soltanto una campagnola ignorante che non sapeva fare niente tranne raccogliere patate dolci, pulire cessi e tirare leve in fabbrica. Ok, stavo già a Pechino da qualche anno, però ero rimasta una contadina.
La mia trasformazione radicale è avvenuta negli Studios di Pechino. Era un pomeriggio afosissimo. Le pareti dell’ufficio di selezione del personale erano ancora impiastricciate con gli slogan del Presidente Mao: “Servire il Popolo!”. Alcuni mosco-ni verdi ronzavano sugli avanzi di noodles di un cestino per il pranzo. Dietro al cestino, un eroe del popolo sonnecchiava sul-la sedia. Aveva l’incarico di gestire le iscrizioni delle comparse. Quel compito l’aveva chiaramente logorato. Non ci filava per niente. Mosconi verdi anche noi.

Da 20 frammenti di gioventù vorace, di Xialu Guo

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