Avevo iniziato a seguire, presso un centro culturale, un corso tenuto da un poeta mio coetaneo, il quale alla prima lezione aveva esordito con un tono solenne e un’affermazione che mi parve ridicola: «Il poeta è come un killer provetto: cattura il linguaggio e alla fine lo ammazza». All’epoca avevo già “catturato e ammazzato” decine di prede e di loro non era rimasto altro che polvere. Mai una volta però mi era passato per la mente di aver “fatto poesia”. Un omicidio ha più attinenza con la prosa. Chi l’ha sperimentato lo sa. Uccidere qualcuno è quanto di più improbo e prosaico si possa immaginare. Comunque non posso negare che, se ho cominciato a interessarmi di poesia, è stato grazie a quell’uomo. Aveva il merito di possedere il senso dell’umorismo, l’unica cosa che mi fa abbassare le armi.
Da Memorie di un assassino, di Kim Young-ha
Posted by Metropoli d'Asia on maggio 14, 2016
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Da L’uomo tigre, di Eka Kurniawan
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