Ad ogni modo, se i potenziali clienti reagiscono alle mie provocazioni, la telefonata si allunga. Loro provano un piacevole senso di sollievo. Quando penso sia arrivato il momento opportuno, insinuo nella conversazione domande a bruciapelo come: «Se tuo padre si comporta così, perché non lo uccidi?». Se il mio interlocutore si scandalizza, ritiro tutto e fingo che si sia trattato di una battuta. Se invece non riattacca, significa che tutto sommato non disdegna la mia soluzione. Sia chiaro: non intendo istigare nessuno a commettere un omicidio; questa provocazione è solo un test che mi permette di giudicare se le intenzioni di quella persona fanno al caso mio. Non sono alla ricerca di potenziali assassini. Il mio obiettivo invece è riesumare i desideri che gli individui hanno inconsapevolmente sepolto in un luogo nascosto della loro anima. Una volta fatti emergere, quei desideri cominciano ad autoalimentarsi. L’immaginazione spicca il volo e alla fine le persone scoprono da sole di avere le carte in regola per poter diventare mie clienti.
Da Ho il diritto di distruggermi, di Kim Young-ha
Posted by Metropoli d'Asia on marzo 20, 2016
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Da dollari la mia passione, di Zhu Wen
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