Dopo il servizio completo si infila svelta i vestiti. Le domando come abbia fatto a sapere del mio arrivo così tempestivamente.
Mi spiega: «Non sono proprio andata a dormire, devi sapere che qui grosso modo saremo oltre trenta professioniste e si fermano solo camionisti, gente di passaggio, quindi nessuna ha clienti fissi. Se aspetto che la titolare suoni il campanello sto fresca, perciò mi do da fare e sto all’erta mentre le altre ronfano. Appena sento un cliente che entra in camera vado a bussargli. In genere, nel cuore della notte nessuno pretende di cambiare ragazza. Io sono poco richiesta perché certi, soprattutto quelli del Guangdong, sono fissati con i numeri fortunati, le più gettonate sono la otto e la diciotto. Io ho un numero insignificante e mi tocca arrangiarmi. Se tornerai, chiedi direttamente di me».
Commento: «Se fossero tutti efficienti come te, sarebbe una meraviglia. Che numero hai?»
«Sono la trentotto».
«Beh», faccio io, «continuerò a chiamarti Shanshan. Perché non cambi numero, Shanshan?»
Da Verso Nord. unonoveottootto, di Han Han
Posted by Metropoli d'Asia on febbraio 29, 2016
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Da L’atelier, di Yeng Pway Ngon
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Da L’impero delle luci, di Kim Young-ha
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