Su China Files è possibile leggere alcuni passaggi di L’uomo tigre, di Eka Kurniawan, appena pubblicato da Metropoli d’Asia.
Il pomeriggio in cui Margio uccise Anwar Sadat, il sole era al tramonto e Kyai* Jahro era indaffarato con gli amati pesci del suo laghetto, accompagnato dall’aroma salmastro che aleggiava tra le palme da cocco e dai gemiti in falsetto del mare. Una brezza leggera avanzava lentamente, soffermandosi tra le alghe, gli alberi e gli arbusti. Il laghetto sorgeva in mezzo a una piantagione di cacao, i cui alberi erano spogli per mancanza di cure, con frutti rinsecchiti, sottili come peperoncini, e foglie utili solo alle fabbriche di tempeh** che mandavano i loro operai a coglierle furtivamente ogni giorno all’imbrunire. In mezzo alla piantagione scorreva un ruscello pieno di anguille e pesci testa di serpente, circondato da una palude in cui si riversava l’acqua in caso di alluvione.