Cosa raccontare

Spero di non ripetermi, ma ho di nuovo voglia di spiegare cosa non mi piace di certa narrativa, e cosa invece mi piace. E ripetere la parola chiave: stereotipo (attenti a non trasformare questa parola in uno stereotipo a sua volta). Al Salone di Torino ho assistito a un dibattito che ha, a mio parere, mancato il bersaglio. L’India oggi, con i nostri Kiran Nagarkar e Ambarish Satwik e il Vikas Swarup autore del libro da cui è stato tratto lo Slumdog Millionaire di Danny Boyle. Peccato. Si poteva dibattere di quel film, e non lo si è fatto. Io conosco il giudizio negativo assai, che ne danno sia Satwik che, soprattutto, Nagarkar. Nagarkar è uno di quegli indiani che lo ha sentito come offensivo: lui, autore capace in Ravan & Eddie di raccontare in modo leggero ma efficace anche il mondo dei senza casta, e le tremende disparità sociali dell’india a di Bombay, non apprezza l’utilizzo strappalacrime che ne hanno fatto Danny Boyle e Swarup. Kiran Nagarkar me lo ha spiegato in modo efficace. Quando racconti una storia vuoi sorprendere il lettore, vuoi fargli conoscere qualcosa di nuovo? Oppure giochi su una storia che il lettore / spettatore già conosce, la apparecchi di tutto punto apposta per lui e lo metti in condizione di uscire contento e soddisfatto dalla lettura, o dal cinema? Ecco: sono perfettamente d’accordo. Lo stereotipo racconta una balla, e non una verità, proprio perché mette in condizione chi lo recepisce di non muoversi dalla sua posizione: lacrime sì, ma poi tutto torna come prima. Lo stereotipo, semplificando, è il titolo di un giornale, che urla una frase nella quale l’attenzione del lettore si sofferma perché già la conosce. Un buon articolo deve invece essere capace di aprire orizzonti nuovi. Come un buon romanzo, naturalmente.

  • http://indian-words.blogspot.com Silvia

    Sono d’accordo.
    Traccerei però una differenza fra il libro di Swarup, che strappalacrime non era, e il film.
    Il libro era sicuramente a sua volta pieno di stereotipi, ma usati anche in modo autoironico.
    Di certo non all’altezza dei libri di Nagarar (il paragone è del tutto impari!), e molto più mainstream, commerciale e superficiale (se così si può dire), ma senza i toni pietistici del film, senza la storia dell’amore puro e dell’innocenza che trionfa su tutto: il protagonista del libro non è quel santerello innamorato che viene fuori da film…
    Ecco, mi piacerebbe sapere che cosa pensa Nagarkar del libro di Swarup.

  • Andrea

    Bella domanda. L’ho girata a Nagarkar: ci risponderà?

  • http://indian-words.blogspot.com Silvia

    Speriamo!
    Grazie mille.

  • Andrea

    Hmm… Nagarkar risponde con un paio di frasi non esattamente elogiative. Poi però ci tiene a ridcordare che lui non ha letto il romanzo di Swarup, e che la sua opinione relativa al film potrebbe offendere l’autore, e non vuole che… Alla fine mi chiede di non citare la sua risposta sul blog, e io devo aderire alla richiesta.
    Per capire il suo pensiero, io ti consiglio di leggere l’articolo che scrisse per Vanity Fair, su altre questioni. Si capisce molto bene cosa sta nella testa di tanti indiani residenti, una rabbia evidente nei confronti di un punto di vista eurocentrico, occidentale, su questioni che riguardano il loro paese. E’ sul sito, in calce alla scheda su Ravan&Eddie: http://www.metropolidasia.it/_files/pdf/vanityfair_nagarkar.jpg

  • http://indian-words.blogspot.com Silvia

    Grazie mille!
    E grazie per l’articolo, molto interessante!
    Mi sono fatta anche io una certa idea di cosa pensano in India del film: anche molti miei amici indiani residenti hanno disprezzato il film, ma alla fine poi nessuno ha letto il libro, pensando fosse uguale al film e sono finiti a disprezzare il povero Swarup…
    Certo non ha scritto un capolavoro della letteratura, ma non penso che meriti tutto questo disprezzo, almeno per il suo “Le dodici domande” (magari un po’ di più per il secondo libro che ha scritto!)

  • http://indian-words.blogspot.com Silvia

    Grazie mille!
    E grazie per l’articolo, molto interessante!
    Mi sono fatta anche io una certa idea di cosa pensano in India del film: anche molti miei amici indiani residenti hanno disprezzato il film, ma alla fine poi nessuno ha letto il libro, pensando fosse uguale al film e sono finiti a disprezzare il povero Swarup…
    Certo non ha scritto un capolavoro della letteratura, ma non penso che meriti tutto questo disprezzo, almeno non per il suo “Le dodici domande” (magari un po’ di più per il secondo libro che ha scritto!)

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