Il Commonwealth Writer’s Award 2010 è stato assegnato a Rana Dasgupta, per il suo SOLO. Dasgupta, che di recente è tornato ad abitare a Delhi per una buona parte dell’anno, è uno di quegli autori i quali è lecito domandarsi se siano indiani o britannici. Sorprendente la definizione data dallo stesso Commonwealth Award, dove Dasgupta viene definito non British-Indian, ma semplicemente British. L’anno passato il CWA definì Aravind Adiga come australiano (io sono d’accordo), inserendolo in shortlist con il suo La Tigre Bianca, poi vincitore del Booker. Lo stesso Rana Dasgupta (che peraltro ha vinto con un romanzo ambientato in una Bulgaria del futuro, centrato sullo sradicamento e la delocalizzazione, ambientato com’è in un non luogo aeroportuale), si fa portatore delle istanze che rivendicano la necessità di distinguere tra letterature locali e letterature globalizzate in una bella intervista video a Mint.
Personalmente continuo a ritenere che ciò che è interessante e utile di questa recente rinascita asiatica, anche sotto il profilo culturale, è invece proprio il fatto che sia legata al luogo: la grande metropoli, dove l’autore o l’artista risiede, che lo forma e influenza. Una metropoli, quella asiatica, che è in grado di competere con le nostre ad armi pari, e proprio per questo è capace di portare a germinazione stili di vita, etiche, estetiche e comportamenti in grado di sfidare l’occidente. Certo, è un peccato che noi tutti dobbiamo invece dipendere dall’inglese per comunicare con quegli autori, e che possiamo leggere i loro blog solo in quella lingua. Dovremo dunque chiedere a Google di perfezionare il suo programma di traduzione? (Provate oggi a tradurre con Google un blog cinese, indonesiano o tamil: nonsense, purtroppo).
Ancora a proposito di scrittori residenti
Posted by Andrea Berrini on aprile 20, 2010
http://www.metropolidasia.it/blog/?p=189
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Ancora una bella recensione
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